Vennero i tempi in cui nessuno più leggeva.
Bastava allontanare la faticosa legge
Del pensare che fa applicare, con sforzo,
Fa attivare il senso d’una forza sorgiva,
Misconosciuto organo, che fa muovere il corpo.
I libri troppo costano – qualcuno sentenziava -.
– I libri troppo impegnano, a volte troppo annoiano -.
Infatti che sudore, che pena immaginare
Le trame, i personaggi, con la mente donare
I vividi colori al bianco e nero delle
Descrizioni, delle azioni, dei paesaggi e ai toni
Delle macchie inchiostrate sopra i fogli di carta.
Meno male che tutti quanti sono numerati.
Non c’è tempo né agio, – si vive in fretta e in furia -,
Sono ormai implacabili le condizioni odierne,
E leggere ci stanca, allerta i nostri sensi.
Fa male agli occhi leggere, ci dolgono le braccia,
ci pesano le dita ogni volta costrette
A girare le pagine. Per non dire del vuoto,
Che si prova nel leggere, mentre le nostre membra
Lente s’intorpidiscono. Eppoi restando immobili
Ci sorprende alle spalle il bel formicolio
Un tempo tanto amato , del pensiero che s’alza
Dal letto avvelenato dall’ozio e dal dormire.
Fu un tempo superiore, un tempo in me presente
– considerava l’uomo con gli occhi ai nostri visi –
Dandosi ben benino l’olio sulle giunture
Metalliche, ferrose, verdastre, arrugginite.