(a Ingmar Bergman)
Perché piangete
se qualcosa muore
e lascia le sue spoglie cadaveriche
sul terreno umido?
Non devono cadere quelle lacrime
tristi dai vostri volti.
Dite che è melanconico ciò che perisce.
Eppure nella morte,
nell’apparente morte delle cose
vi è il segno inconfondibile
del sacrificio della forma:
la morte è il vivere invisibile
e quando una vita s’accende,
pulsa la forza vitale della natura
che ha compiuto il suo corso.
L’albero secco che dorme l’autunno
non vieta all’estate di rapirlo di nuovo;
i fiumi ghiacciati sui monti
accolgono il sole e si fanno scaldare.
E tu, riposa pure tranquillamente
fra le tue bianche lenzuola:
il sole è sorto anche stasera
e dormirà come fai tu, con il tramonto.
E nella ciclica legge
che pur si manifesta nel fenomeno,
nella legge del vivere e perire
giace, sotto uno strato di polvere
e di usato,
la germinale linfa del creato.