(A Angelo Branduardi)
Mi ricordi Jaufre Raudel….
(Con tal vehemencia el viento
viene del mar, que sus sones
elementales contagian
el silencio de la noche,
Luis Cernuda)
Si posa sul terreno, con un tocco gentile,
la veste talare dell’Angelo.
Tessuta con l’aria del giorno
riempie lo spazio infinito
e annulla il cammino del tempo.
La vedi, quella veste, rifulgere di luce;
la sfiori, col Pensiero, ma essa si disperde,
la cerchi, con il cuore, ma essa si nasconde.
Traspare nell’abito etereo
il lungo soffrire dell’uomo.
L’Angelo, pensieroso e sorridente,
te la porge in silenzio:
“Anche tu puoi indossarlo”
ti sussurra all’orecchio.
Tu lo cogli con fare delicato;
sulle tue spalle gonfiate dal destino,
scivola e poi costringe il tuo respiro
a cambiare la sua fisionomia.
L’Angelo compassionevole e devoto,
poco sorpreso dall’azione audace,
si trasmuta, sotto i tuoi occhi attoniti,
in minute gocce d’acqua azzurra
che non cadono in terra né la bagnano,
ma risalgono e si tuffano nell’aria,
l’aria invisibile e pura della veste.
“Puoi indossarla se vuoi” ti dice ancora.
Tu la prendi di nuovo e in quel momento,
Spiriti luminosi trapassano coscienti
le sue pieghe doloranti e cristalline,
trasformando le piaghe in stelle chiare.
Si uniscono, gli Spiriti, alla terra,
ne intessono i colori,
alimentano la vita, col dono di se stessi,
balbettando un linguaggio sconosciuto.
L’Angelo, che sorride, attende.
Attende, dal sonno degli Spazi
che l’occhio umano, dormente, si risvegli
e nel mattino fervido di luce
volga il suo centro all’eterno senza fretta,
raggio solare del vivere e morire.
Attende, che tu colga con l’orecchio
il suono lieve che ricorda
il balenìo oscurato della notte,
nuovamente affiorante nel giorno.
Finalmente la indossi, quella veste.
In un fulgido barlume temporale,
comprendi tutto e tutto ti comprende.
Mentre l’Angelo attende.