Cuento I di Eugen Galasso

 

Il filosofo
e la cupa-cupa:        “Certi nomi,
però, sio(ovviamente trattasi di autocensura, mio zio è scemo,
ma…) Cannibale… ”  “Ma che cosa dici?”  
“Ma no, porque…” (il parlante starnazzava, non era capace
di interloquire)  “Un ti capisco mia, Maremma…”  “Forse,
però, creo ke se posa…”  “Sì, ma che hosa,
Madonna..:”    “No, porque, salo…” “Ma,
insomma, solo frammenti di parole per non dire poi nulla, nulla, Maremma…
”  “Sì, porco can, ma lu me trata mal”   
.SOlo l’antefatto di una storiella, per presentare brevemente la storia di un
filosofo, serio e serioso(oddio, quanto può esserlo un toscano, cfr. il grande
Curzio Malaparte di”Maledetti Toscani”)alle prese, qui, con uno
strano parlante-lo rileva il gergo usato, strana commistione di veneto e
spagnolo, ma non ci faremo fuorviare.  Eccolo invece, il”nostro”,
alle prese con altri/altro. S’avvicina un essere coperto di piume, che però non
è un uccello identificabile dalla tassonomia ornitologica nota.
L'”essere”s’avanza, fa uno strano suono e comincia un canto lamentoso
e curioso: “La cupa-la cupa….   “(almeno 3 strofe in un dialetto
incomprensibile) . Il filosofo toscano: “Ma un ti hapisco mia, sai. Dove
hai studiato, hai letto Hant?”  L’essere indistinto continua. 
“Ma un so mia io home si fa, con sherti elementi, la miglior hosa
la sarebbe, Maremma,  di buttarli fuori, Maremma bua…”
“Ma che cosa sta dicendo..”  “No, l’era hosì. l’era un
pour-parler…”.  Ormai infastidito, il filosofo fa un giro largo,
onde evitare il suo scomodo”compagno”, ma questi gli si ripara
davanti:  “Ma non crede che abbia diritto di vivere anch’io?”
” Se si tratta di diritti soggettivi o oggettivi un so, ma hredo…
”   “Ma io rappresento la fantasia, la creatività”
“La hrea..Ma hhe l’è?Ma la fantasia, la hreatività sono elementi
estrapolabili solo dalla realtà, che la nostra rashione honoshe, Maremma”  
“Ecco con la lezione. Ma io voglio solo volare, sognare…” 
“No, un shi siamo mia, sa. QUi si tratta di lavorare, essere produttivi,
come insegnano paesi che si ispirano alle dottrine materialistico-storiche, quelle
di Carlo Marx e dello Engels, dove si lavora, sa, un si fan mia guai come
Lei”(si noti che il filosofo passeggiava e non faceva altro, quasi tutto
il giorno)  “Ma io veramente….volo”  “Volare…oh
oh. Maremma he elemento, questo hui. Ma se hontinua a rompere hoglioni, huasi
huasi hiamo huelli della Hièsa, he gli rompa alloro, Maremma….
”   “Ma non la capisco. Io ero qua pacifico e Lei mi dice
che rompo le scatole, che sono molesto”.   “Altro he.
Se hontinua io hiamo la Protezione Animali ma anche L’accalappia…” 
“Ma no, ma non ha capito, io non sono…”  “Ma hosa, LEi
non è…Sicuramente è un rompiho…Ah, mi scusi, signora” (era
passata una signora, ovvio).   L’essere si ri-attrezza, improvvisando
un invero goffo volo. Il filosofo guarda, considera:”Sherto hhe in un
mondo more geometrico demonstratus, come dishe il grande Spinoza, un l’è mia
possibile, he un grullo come huesto possa fare huel he
gl’aggrada”  L’essere canta: “Ora non suona più l’arpa
birmana, manco più i rintocchi

della
campana”    Il filosofo, che si è distanziato:  “Ma
un so… L’è anhe poeta, ora…Poeta un so, grullo
senz’altro. ”  “Libertà vo’cercando ch’è sì cara,  ma
non ti lascian più nemmen la tara”(sempre cantato)” “Neanche
Dante in pace, Maremma…”  (filosofo se ne va, intanto
suono”Cupa Cupa”e molte piume che volano in alto).  Eugen
Galasso

 

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