Cuento II di Eugen Galasso

Escrito de
un
enfermo(cuento): 
Sì, certamente la cassa era nera, proprio come la pece. Che cosa contenesse,
rimaneva un segreto. Se il mistero della felicità(???), l'”I Ching”o
magari i”Manoscritti di Qumran”o magari quelli gnostici di Nag
Hammadi, in un’edizione migliore(?)oppure semplicemente un forziere, ai
proprietari della soffita non importava molto. Ciò che li spingeva, invece, a
proseguire la loro ricerca, semmai, era la curiosità, il
pungolo”continuo”, delirante, come una sorta di basso continuo che gli
rompeva, se non proprio la testa, almeno i timpani… Una ricerca, que^te,
infervorata, pur in questi”homines mechanici”, secondo la definizione
riportata in seguito, devastante, per parametri normali-consuetudinari,
“brucianti”, almeno secondo la percezione più immediata. 
Non  dava loro tregua, appunto. Fantasticherie assurde,”
visioni”, un baluginarie di immagini proiettive, quasi… Il fatto è che
poi i diversi attori(e attrici, ma la differenza di genere qui non c’entra
punto)volevano litigare accapigliandosi sul”morto”(il baule,
insomma), cosa che in gran parte si verificò. Ma poi la questione era un’altra:
aperto il baule, come ripartire questa sorta di”eredità”, de
herencia, di cadeau de Dieu(eredità in senso proprio assolutamente non era,
comunque, eventualmente l’altra ipotesi è da prendere in considerazione…)?
Altro che querelle, una vera lotta, come ci si poteva aspettare, anzi era
proprio un bellum omnium contra omnes: altro che macropolitica, teoria dello
stato, come in Thomas Hobbes, i conflitti s’iniziano probabilmente a livello
micro, poi passano al macro, o meglio li estendiamo a questa dimensione.
Insomma, proprio qualcosa di curioso, direbbe qualcuno; in realtà, forse di
normale. Ma poi, come  fatalità volle, anzi meglio la causalità, si passò
ad aprire il tutto, con sforzi non da poco(ci sarebbero voluti raggi
iper- laser o meglio  laser da ultima generazione, per evitare
il”meccanicismo”più brutale, la meccanicità più spinta )…
Sorpresa, perché dapprima non si vedeva nulla, con tanto di commenti di
stupore, di meraviglia, ma con qualche improperio da parte di qualcuno, qualche
poco urbano jurons(ma chi ha mai detto che fossero poi tanto urbani, i
detentori del baule o della cassa, che dir si voglia?). Erano sicuramente
condizioni curiose, potenzialmente anche pericolose, ma un
effetto”certo”o”verificabile”era comunque
imprevedibile.Fatto sta che, terminata l’operazione, dopo una sorta di grande
fiammata di luce, ci si vide un prisma in cui tutti vedevano quanto volevano
vederci o almeno ci vedevano(da buon prisma, d’altronde…)qualcosa di diverso,
di”nuovo”. Tutte le opzioni dette sopra(con personaggi che
dei”Ching”e dei manoscritti citati non sapevano proprio nulla, che si
misero a pontificare su tutto e su altro, ove possibile), ma anche altre. Ci si
vedeva il “Popol Vuh”, ma anche cose molto più banali, materiali,
iliche, come del resto un po’ era da attendere…Per non dire di tesori perduti,
rubati da(peraltro abbastanza improbabili)pirati,  di forzieri scardinati e
di teorie anche molto più fantasiose, che naturalmente non erano state
elaborate dalle “persone”in questione, ma da quelle coinvolte in
seconda, terza, quarta e n-battuta.   Un prisma continuo, che
si”chiudeva”solo con la chiusura del baule, ma che ri-compariva non
appena ri-aperta la cassa. Una specie di dis-fonia, di-stonia, dis-apparizioni,
dove ogni definizione sicuramente è inadeguata, certamente”curiosa”.
Questo racconto non ha un finale: non c’è scoperta di nuovi Graal, di nuovi
scrigni del sapere, ma forse qualche spiraglio si va
aprendo…   

Eugen Galasso

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