Sirio, un sol vento ti attende
e sono tanti, troppi gli anni luce
che da te mi distanziano, adesso.
Colgo, nelle miriadi riflesse
dalle gocce di rugiada silenti
il tuo passato oltre umano e passo
il tempo terreno che mi rimane
nell’osservarti ad occhio nudo.
Io ero sola nella montagna di rocca
e fui eruttata come lava dal nucleo
profondo, cosciente e vigile,
attenta ma quieta: in un sorriso
portavo calma nel cosmo lontano
dove gli uomini pensano non regni
il vento: errore madornale,
ignoranza rappresa.
Uscendo dalla crosta, senza farmi male,
mi trasformavo nelle mie ali azzurre
e viola.
Io e tu, forse l’hai scordato, caro,
fai cenno al senno di risvegliarti,
eravamo soli sul pianeta d’origine
e fissavamo davanti a noi,
tu, uomo, il tramonto di Sirio primo,
io, donna, nello stesso momento,
il sorgere di Sirio secondo.
Due Soli, avevamo a disposizione,
e l’egizia sfinge ci rallegrava,
ci rassicurava, allora.
L’antico Sole pulsa
e fa pulsare i nostri cuori,
immemori dell’eone trascorso,
piccoli piccoli, i due soli
in uno si sono finalmente fusi,
hanno creato un paradosso,
il buco nero, dove s’annulla il tempo
e lo spazio si dissolve, ma fra noi,
rinasce,
a nuova vita rinasce,
l’Amore,
di stellare sostanza
ma se ne va al di là dello Zodiaco,
e in quel luogo sovrasta.