– Scusami, detto così, i lettori non comprenderanno mai chi era Konstantin….
-Perché?
– Perché sei uno scrittore e devi scrivere, altrimenti che scrittore sei? Analizzo il tuo antefatto, così, tanto per parlare e per farti notare che insomma, devi stare un po’ più attento quando descrivi i fatti, emana dal tuo testo un vago sapore poetico che sciupa tutto….
– Non sciupa proprio niente, io il mio romanzo lo scrivo nel modo che più mi aggrada, se non ti dispiace.
– Certo che mi dispiace, sono TE! E’ un thriller o no? Non è un poliziesco? Non è forse un giallo? Hai detto con convinzione che volevi scrivere un giallo.
-Infatti.
– Allora i due eventi non possono coesistere, si rischia di generare un paradosso e se tutto diviene grottesco, ci potrebbero ridere dietro, tu sei un narratore oggettivo.
– Beh, sì lo sono stato, però pensavo che la visione fosse oggettiva anche se descrivevo un mondo che mi dicono non esiste. Per oggettivo si intende invece: “descrivere ciò che si vede con gli occhi. Né più né meno”.
– Io invece sono il tuo alter ego soggettivo. E ti consiglio di parlare anche di me, perché io sono molto importante nella tua vita e mi sono conquistato un ruolo di prima categoria, la mia maschera è reale, sono parte di te e dovresti trasformarmi.
– Sei soltanto un prodotto dei miei pensieri, dei miei sentimenti, dei miei atti di volontà. Sono io invece a dirigere il corso della mia vita.
– E’ anche la mia, se permetti.
– Vuoi smettere di chiacchierare? I lettori penseranno che sia un dissociato e un malato, invece io sto bene, io ho il controllo di me stesso, cioè di te.
– Non mi conosci affatto. Questo fatto che dialoghiamo, per esempio, lo trovi tanto normale?
–Certo chè è normale1 Ogni essere umano dialoga con se stesso, monologa con se stesso, pensa e si ripiega in se stesso. Avviene tutti i giorni per milioni e milioni di esseri umani.
-Non ci trovi niente di strano, eh? Tu hai l’ossessione del problema del male, il male per te è una categoria ontologica, lo hai studiato da ogni punto di vista, ma non riesci a venirne a capo. Perché l’uomo fa del male’ Perché è affascinato dal male? Sono alcune domande che ti poni ad ogni pié sospinto. Perché l’uomo ha bisogno del male? Perché il dio buono accetta il male?
– Tu vaneggi. Io non sono interessato al male, come dici tu, io rifletto spesso alle difficoltà e alle avversità in cui si trova l’uomo e soffro perché non vedo motivazioni nel male.
– Il sono il tuo Doppio, l’Ombra tua. Se anche conversare con me ti repelle, io pur ci sono e sono una tua creatura. Non puoi abbandonarmi.
– Non metterla sul manicheo, abbi pazienza. Mi domando: male e bene sono due categorie opposte, tuttavia io sono dell’avviso che nell’anima umana ci siano il bene e il male, in un rapporto di uno a tre. E’ così, ne sono persuaso.
– Smetti con tutte queste illazioni, con queste speculazioni di bassa lega, tanto non importa ai lettori sapere cos’è il male, altrimenti leggerebbero un saggio di filosofia e non un romanzo.
– E durerà tutto così? Voglio dire, in uno scambio continuo di battute tra te e me.
– No, per niente, adesso me ne vado, torno più tardi con mio fratello.
– Ah, siete in due.
– Che pensavi?
– Niente, niente, cominciamo dall’inizio, quando il personaggio principale, Konstantin, viene a in Italia da Helsinki, lui medico alle prime armi, laureato da poco, per vedere l’Italia che per lui è una fissazione e tu lo hai ucciso, perché ti ha rubato Stefania.
– Non ho ucciso nessuno.
-Invece sì.
– Sei un bugiardo. Non è vero che l’ho ucciso.
-Invece è vero e io ne parlerò. Tutti devono sapere di cosa sei capace. Tutti.
(continua)