IL FIORE AZZURRO
Antefatto
C’era il mare. C’era il sole, erano le diciotto e dunque, stava ancora alto nel cielo, però anche basso, perché era stanco e voleva andare a dormire.
Era estate e sulla spiaggia libera c’era qualcuno, c’erano parecchie famiglie.
E nel cielo, sereno, c’erano due nuvole.
Avevano una forma buffa: l’una aveva preso le fattezze di un grosso pesce con la bocca aperta che, muto, muovendosi, correva in avanti, verso est. Di fronte a lei, la nuvola che la rincorreva, era uno squaletto bello e aggressivo.
Mentre le forme delle nuvole mutavano, era strano, per chi guardava da sotto, vedere il mare in cielo e due suoi abitanti in alto anziché nelle profondità. Si aggiunse un’aquila fatta di bianco e di cotone.
Poi le forme mutarono ancora, sapete, come fanno le nuvole, insomma le nuvole sono proprio come i pensieri, profondi e veloci, accelerati nel loro apparire e scomparire, alle volte. Alla fine presero il giusto verso e si modellarono l’una come una sogliola, piatta e quieta e l’altra come un gasteropode. Non si affrontarono, ma si guardarono in silenzio; si contemplarono in silenzio; in silenzio si dileguarono.
E l’esile filo di fumo che era rimasto in cielo si disfece e si rarefece e tutto parve eterno , come se il Tempo nascesse in quel momento e si guardasse intorno. Alla fine il sole si stancò una volta per tutte e decise di dormire scendendo lungo la via o linea dell’orizzonte che sembrava davvero morto a tutti i bagnanti, ma non lo era.
Ora, il sole andava apparendo a tutti come una grossa lanterna rotonda e leggermente schiacciata ai poli. Quando la lanterna stava per scendere sulla linea dell’orizzonte ed era vicinissimo ad essa, passò in lontananza una grossa nave e si mise in mezzo tra il sole rosso amaranto-arancio scuro già quasi tramontato del tutto.
Faceva impressione più che se fosse nera, quell’eclissi rossa.
La nave stava sotto e la lanterna rossa, ferma, appesa nel cielo, sopra.
La nave passò oltre, il sole si sentì finalmente libero e cascò giù senza troppi complimenti fino a scomparire completamente.
La penombra sembrava aver la meglio , però non era così: nel cielo volavano gli albatros e fissavano, nel loro volo, sott’acqua per vedere bene i pesci.
Non avevano fatto caso che nel cielo dove loro erano i padroni, le nuvole erano come pesci e nell’acqua, o almeno, sulla sua superficie, c’erano solo le immagini riflesse delle loro ali. Certo, erano uccelli, anch’essi pensieri alati pensati dal Cosmo e creati, fatti di luce e di ombra, di necessità e di libertà. Perché tutte le immagini, a un certo punto di quella creazione , vivono e si moltiplicano e generano un mondo , un universo, come una galassia lontana.
Le nuvole, gli albatros e i pesci possono riempire questa mirabile galassia, sprizzando, mentre agitano le acque del cielo o del mare non importa, nebulose grandi e colorate che costituiscono immense cavità vuote e nuove, vortici impazziti all’inizio che diventano poi vuoti e calmi.
Soprattutto vuoti. Soprattutto calmi.
Era notte adesso. E c’erano le stelle e qualche nuvola veniva illuminata dalla faccia ridente della luna.
E le nuvole, adesso, stavano appese nel cielo davanti alla finestra della mansarda di Konstantin e cambiavano forme di nuovo.
E una stella parlò e richiamò Konstantin a sé, giacché era morto. E il troll del bosco lo sapeva e anche il vecchio marinaio con la pipa lo sapeva e la stella stava davanti alla finestra della mansarda di Konstantin per avvertire tutti in paese che era accaduto un fatto terribile.
Ed è qui che comincia la nostra storia.
Da una grande e unica lanterna magica del cosmo, dove la tundra fa tacere tutto e il muschio agita lievemente il ghiaccio freddo.
Sì cari lettori, qui inizia la nostra storia, quando il fiume Vantaa riconsegnò, dalla campagna gelata, il corpo esanime di Konstantin, che era stato ucciso non si sa da chi e nemmeno perché.