E NEI SALOTTI SPUNTO’ L’AMORE: la bellissima storia d’amore tra lo Schuré e Madame Mignaty
Ci sarebbe molto da scrivere sugli scambi non soltanto culturali, ma anche mondani e politici nati nei salotti della Firenze di un secolo fa; soprattutto, sugli amori.
E su figure di Donne Ispiratrici, come ebbe a scrivere Edouard Schuré, saggista, drammaturgo e poeta alsaziano nato nel 1841, capaci di schiudere il Tempio dell’Arte e della Conoscenza attraverso un nuovo modo di concepire l’amore platonico.
Nel 1866 lo Schuré si sposò con Matilde, figlia di un pastore protestante di Barr, piccola cittadina del Basso Reno, manifestando un’aperta sfida ai suoi tutori che vedevano di mal occhio la loro unione; la coppia andrà a vivere a Parigi per un breve periodo, ma seguirà una separazione: lui rimarrà a Parigi, lei invece farà ritorno a Barr.
Da Ginevra lo Schuré venne in Italia negli anni ’70 e in particolare a Firenze, grazie all’invito di Malwida von Meysenburg, amica di moltissimi artisti, come Wagner e Nietszche, che lo introduce nei salotti letterari fiorentini; qui, nel dicembre del 1871 conosce Margherita Albana Mignaty, una greca di Corfù, moglie del pittore Giorgio Mignaty di Cefalonia, figlia adottiva di Sir Frederick Adam, governatore delle Isole Ionie e madre di tre figli, di cui solo una, Aspasia, era in vita. Margherita si trasferì a Casa Lenzi, in via Larga, già dal 1848.
Firenze è in questi anni il salotto d’Europa; il caffé svizzero “Doney” e la Via Larga (Cavour), sono i luoghi frequentati dagli intellettuali italiani e stranieri; si trova però un’ampia costellazione di salotti tedeschi, legati per lo più o al mondo diplomatico o mondano, come quello famoso di Ludmilla Assing in Via Luigi Alamanni, assai frequentato intorno agli anni 1861-1880 e in cui si respira un’aria tipicamente berlinese.
Sul Lungarno Vespucci, al numero 68 e a partire dal 1860, troviamo invece un’eco parigina nel salotto di Karl Hillebrand, corrispondente del Times, che con la moglie Jessy Laussot accolse anche Franz Listz e Richard Wagner.
Funzionano in questi anni anche i salotti ‘danzanti‘, con grandi balli e feste in costume; molte di queste comunità si trasformeranno in veri e propri circoli.
Il salotto dell’Albana, situato in via Cavour, fu frequentato dallo storico Pasquale Villari che ebbe con lei un forte legame sentimentale, da poeti come il Giusti e Dall’Ongaro, critici come De Gubernatis e Comparetti, scienziati come Buffalini; tra i politici, il triumviro della Repubblica Romana Aurelio Saffi e scrittori quali Lord Lytton, Hawthorne, tanto per fare qualche esempio, ma l’elenco potrebbe continuare.
La classica bellezza di Margherita e il suo fascino seducente, la sua cultura nata da un ibrido fra l’educazione inglese in India e la profonda conoscenza dell’Italia colpirono lo Schuré che l’amerà appassionatamente.
E la Albana, oltreché affascinante, era anche una donna molto dotta; a lei si deve un saggio su Byron e Shelley edito da Atto Vannucci nel ’60 e Schuré stesso l’aiuterà a pubblicare un libro su Correggio in francese, a Parigi.
Diverrà la sua Musa protettrice, “sorella nella Passione e nell’Ideale”, l’incarnazione dell’Eterno Feminino tanto vagheggiato da Goethe; testimonianza del loro rapporto di amore sono circa novemila lettere inedite, scritte dal 1872 al 1887, in seguito alla decisione di separarsi per vedersi solo pochi mesi all’anno.
Stupisce questo rapporto tra i due basato sulla fedeltà dell’anima reciproca, per realizzare la fecondazione spirituale dell’Eterno Mascolino e dell’Eterno Feminino in tutte le direzioni possibili, al di lèà anche di tutte le opposizioni e le resistenze terrene; la donna ideale di Schuré non è mascolina, ma un tipo ancora sconosciuto, una Donna Musa fiera e tenera, severa e dolce, razionale e spirituale. L’elemento moderno di questo amore non è tanto l’aspetto romantico, quanto la cura costante di un sentimento attivo che lascia all’altro una libertà integra e assoluta nel rispetto rigoroso e reciproco delle due individualità costituenti la coppia.
Schuré comincia a viaggiare per l’Europa, mentre lei comincia ad avere problemi di salute, crisi cardiache e disturbi nervosi.
Pure il distacco non indebolisce, anzi rafforza la loro unione, tanto da far maturare nel poeta una dimensione sacra e ineffabile, associata a una trasformazione dell’anima sorretta da una sorta di iniziazione all’amore per cui il suo modo di sentire si andrà liberando da un elegiaco pathos più che legittimo, per divenire una forza basilare capace di far maturare le sue creazioni poetiche. Meditando durante la lettura Il Simposio di Platone, potremmo riconoscere descritte tappe determinate di questo nuovo approccio all’amore.
Margherita gli parlerà del ciclo del Graal, di Lohengrin, dell’anima angelica della donna che non è soltanto un sogno o un incantesimo, bensì la capacità di rendere l’uomo espressione di conoscenza e volontà, realizzatore e artefice, nel mondo quotidiano, di alti valori dello Spirito. In questo la differenza con gli stilnovisti che operano comunque una separazione tra la Donna e l’Angelo e mitizzano la donna sottolineandone le pure caratteristiche spirituali, mentre per Schuré la vera femminilità è la trascendenza che si fa immanente e visibile.
Proprio il tema dell’Eterno feminino, di un archetipo angelicale in figura di creatura umana sembra interessare gli intellettuali di questo periodo.
Anche Heinrich Heine, per esempio, durante la sua visita a Firenze dall’ottobre al novembre 1928m individua questo modello di spiritualità tutta femminilem dapprima in una statua quando, come per caso, si ritrova una sera in San Lorenzo : “Venendo dalla Laurenziana…, – dice nelle Notti fiorentine- non so più come, mi trovai in quella cappella dove si edificò un giaciglio di pietra nobile, e tranquillamente riposa, quella magnifica tra le stirpi d’Italia. Un’ora rimasi io colà assorto nella contemplazione della marmorea immagine muliebre… di quella figura tutta circonfusa di dolcezza eterea… L’intero regno dei sogni con tutte le sue silenti beatitudini è imprigionato in quel marmo… si tratta della Notte di Michelangelo Buonarroti. Ah, quanto volentieri dormirei il sonno perpetuo fra le braccia di quella notte…” e poi, sempre nelle Notti ci descrive l’incontro durante una serata mondana, con una donna stavolta in carne ed ossa nella quale crede di riconoscere oscuramente, ma intuitivamente, l’Iside Sophia dei suoi sogni e che cercherà da quel preciso momento di ritrovare in ogni altra donna senza successo.
Ma torniamo a Schuré. Che sarà sempre idealmente fedele a Margherita fino alla morte, avvenuta il 20 settembre 1887 a Firenze, due anni prima della conclusione della sua opera capitale, I Grandi Iniziati nella quale, alla sua memoria, dedicherà parole di amore al di là della morte: “Senza di te, oh grande anima, mia amata, questo libro non avrebbe mai visto la luce. […]. Tu possedevi l’Intelletto che scorge l’eterna Bellezza e l’eterna Verità al di là dell’Effimero reale; possedevi la Fede che smuove le montagne; L’Amore che risveglia e crea un’anima; […] Ed ecco, ti sei spenta, sei scomparsa. Con ala tenebrosa, la Morte ti ha involato nell’immenso Ignoto… Ma se i miei occhi non possono più contemplarti, so però che tu sei più viva che mai !”. Le spoglie di Margherita riposano da allora nel Cimitero agli Allori dove De Gubernatis lasciò parole di compianto, lamentando anche la mancanza del Villari.
Soltanto dopo il 1887 lo Schuré tornerà definitivamente dalla moglie che continuava a vedere a Barr specie in estate, nonostante la relazione con la Mignaty e che considererà sempre una cara sorella e amica fidata, ma non la donna che si identifica con il suo ideale femminile.