Custodisci invano
le mie follie, o Guardiano.
Dal buio che mi avvolgeva,
pian pianino ho ricordato
fino in fondo la necessità
del sogno.
Era Luce quella fiaccola di bronzo
e fuoco
e sola illuminava i miei passi
coraggiosi, che osavano tutto.
La nebbia diradava,
aumentando le pieghe
della tunica stanca
del saggio,
inutile dire quanto fosse vecchio,
ma pur sempre amabile.
La compassione si apriva
come un fiore assetato
del polline, che mendicava
all’ape – felice di darglielo –
il cibo quotidiano
battezzato dalla primavera.
E l’Amore che avevo,
così forte, così tanto, così cosciente,
allietava le silfidi,
divertiva le ondine,
faceva ardere le salamandre,
gli gnomi portando le pentole
dell’oro nelle erbose distese
dei prati,
i tesori della terra
nascosti – misteri della luce –
ai nani e alle orchesse.
Alessandra Vettori