Camminavamo insieme nei boschi
vellutati argentei corteggiati dal vento,
quand’ecco, l’acqua aveva cancellato
i timidi riverberi del sole,
giacevano inesplorati
i grigi plumbei del cielo,
nuvole meteorologicamente
orfane di padre e di madre,
classificabili con difficoltà.
Un azzurro sconosciuto ai Greci,
compagno del ceruleo e del celeste,
sbirciava birichino nell’aria.
Pensavamo fosse apparsa
soltanto una porta sui colori
dell’arco misterico.
Invece erano due.
Sembravano parlare
ai contemporanei
e dire indirettamente
che lo spazio e il tempo non sono
figli del linguaggio,
pensiero morto che li considerava
fino ad oggi
riflessi asostantivati di
una categoria.
Persino Aristotele
vi snobberebbe!
Aridi vuoti
inesistenti
senza la vita
che si conviene
a lavori fatti ad arte
o all’arte, per l’arte,
che stanno
in inarrivabili vette.
L’altra porta,
dicevamo durante il nostro
camminare,
era soglia
gloriosa
di Gerarchie ineffabili,
di Lumi Divini
fatti di folgore e puro diamante.
Alessandra Vettori