Andavamo per il bosco
canticchiando il nostro motivetto,
un ritornello davvero popolare,
la musica la metteva il cielo,
il verde che ci circondava,
gli animali timidi ma sacri,
tutti gli esseri invisibili fatati.
In quel momento la pentolina dell’oro
luccicava fra l’erba,
fulgidi rametti d’oro e
belle e tondeggianti monete
sembravano gioire,
sembravano cose preziose,
erano appellativi della Luce
che come un Gran Signora,
teneva a bada i propri figlioletti,
i Colori
e tutti gli altri
che aveva appena adottato,
un poco più misteriosi,
un poco meno naturali,
frazioni e frammenti
dispersi di coscienze umane.
Allora il capo degli gnomi,
Capitan Fungaio,
si raddrizzò il cappello,
rosso e simile a un cappuccio,
disse dopo qualche istante
con voce solenne:
“Piante, fiori, corolle!
Radici, fusti, fiori!
Venti forti e soavi,
terre lontane e vicine,
Ondine, nani, salamandre,
fate, folletti, troll, silfidi,
custodite il mio tesoro,
perché sempre il veleno dell’aria
in buona aria ossigenata
si trasmuti…”.
Poi tacque e s’addormentò,
infilando in una cavità del tronco
la sua lunga barba bianca,
fluente.