Erano i giorni dell’epica,
il mulino magico e sacro stava lavorando
nel silenzio della foresta,
l’acqua sorgiva alimentava
il suo vitale movimento.
Sembrò a tutti che il tempo si fosse fermato.
La polvere di farina ingrassava le menti
tese, lì, a creare figure di pane
con all’interno una morbida mollica
(quella, destinata ai passeri stanchi);
l’antico albero capovolto,
mosse le fronde della chioma e
intavolò con l’uomo un bel discorso.
“Che fai nella foresta, tutto solo,
cerchi odio od amore,
sogno o realtà,
cenere o fuoco?”.
Tutti gli elfi della montagna
sorrisero e decisero di recarsi al villaggio,
per donare fiori alle fanciulle in amore,
per ritagliare ed intagliare nel legno
strumenti musicali
con i quali comporre
strane musiche.
Indovina un po’, fece l’uomo felice,
indovinate, voi, cos’ho nelle tasche?
“Monete d’oro, d’argento e di bronzo!”,
risposero gli elfi saccenti.
L’uomo tirò fuori dalla tasca dei calzoni,
rammendati tante e tante volte,
un piccolo bulbo di bambino
e lo diede alle silfidi e alle ondine,
perché lo crescessero loro,
che erano quasi tutte madri.
E sai che successe quando,
dopo anni e anni, tornò a riprenderselo?
Era diventato un nobile ragazzo,
che raccolse le sue cose in una coppa,
la regalò successivamente alla sua donna,
e il mulino riapparse d’incanto nel bosco,
rianimò la foresta,
la vita tornò a scorrere giuliva,
negli sguardi dei suoi misteriosi,
simpatici abitanti.
Erano i giorni dell’epica, amico caro,
non te lo scordare.
Alessandra Vettori