Washington Irving(1783-1859), considerato il primo vero grande scrittore USA(una generazione o quasi prima di Poe, Melville, Emerson, Hawthorne, per intenderci), di radici saldamente olandesi, in varie occasione ricordate, ma attento alla riscoperta di quelle inglesi e in genere britanniche(ma il concetto di”old ENgland”, “vecchia Inghilterra”è quello prevalente in quel tempo e in Irving, rispetto al concetto di”Britannia”, includente anche Irlanda del Nord, Galles, Scozia), è noto soprattutto(tutti lo considerano il suo capolavoro)per”The Sketch Book of Geoffrey Crayon”, in italiano”Il libro degli schizzi”), nel quale si alternano racconti, racconti di racconti, ossia racconti incastonati in altri racconti, narrazioni para- saggistiche più che decisamente definibili come tali. In tutte le narrazioni, comunque, prevalgono assolutamente ironia, auto-ironia, umorismo, dove anche l’elemento fantastico ha la sua parte. Esso viene in realtà trattato anche umoristicamente ma anche svelato nella sua reale essenza, come ne”Lo sposo fantasma. Il racconto di un viaggiatore”, ma altrove il dubbio rimane, come in “Il mistero di Sleepy Hollow”, lasciando il lettore nell’incertezza, quella che, per Todorov, nel suo validissimo saggio di 47 anni fa, è feconda per la comprensione dell’essenza del fantastico stesso. Il saggio introduttivo di Goffredo Fofi, valido “savanturier”(neologismo di Boris Vian, “avventuriero sapiente”)di letteratura, cinema ma non solo, è efficace, ma credo non colga nel segno quando afferma che”Le sue storie di fantasmi. ..hanno spiegazioni tutte razionali”( W.Irving, “Il mistero di Sleepy Hollow e altri racconti”, ROMA, Newton Compton, 2008, p.10); semmai hanno spiegazioni “anche razionali”, ma non solo, anche in quanto “playing the plays”, cuentos de cuentos, narrazioni di narrazioni… Irving è molto”avanti”anche nella demistificazione del mito(allora imperante, e imperante ancora in tanti western, reale memoria collettiva e mito quasi fondatore degli States, almeno fino agli anni 1970)degli Indiani”barbari e cattivi”, anzi ne rivendica la purezza fino alla corruzione indotta dagli”invasori bianchi”, con espressioni che ricordano decisamente in”bon sauvage”rousseuiano. Eugen Galasso