Gentili lettori, pubblichiamo volentieri un racconto di Tommaso Maiorelli, intitolato “La Grande Impresa”. Buona lettura.

La Grande Impresa

Ovvero Una rapsodia quotidiana

Aspettava da anni la Grande Impresa. Sì, insomma, quelle azioni, che da semplici atti

incolori, divengono invece colorite gesta degne di essere celebrate negli annali o d’essere,

per lo meno, citate su qualche quotidiano.

Che gusto c’è nel dare un valore agli sforzi quotidiani, simili l’uno all’altro, resi anzi identici una volta perduti nell’oblio del ripetersi. Certamente, qualcuno compie le medesime cose tutti i giorni con consapevolezza, convinto che il coraggio, quello vero, abiti nella fermezza di chi rifiuta, pur ripetendosi, questo oblio. Ma vogliamo mettere con la novità del nuovo, con la straordinarietà di ciò che ordinario non è? Napoleone forse faceva fisso, la mano destra dentro la giacca, la stessa cosa tutti i giorni? No davvero! Un giorno invadeva qualche città, un altro doveva occuparsi di tornare in patria vincitore o tutt’al più, qualche altra volta si faceva sconfiggere sul campo di battaglia, ma di certo mai si sarebbe abbassato a far la stessa cosa per più di un giorno.

Cosimo aveva grande stima di Napoleone. Meditava perciò nella mediocrità tacito attendendo, una qualche impresa eccezionale tale che, se anche non fosse stata poi così eccezionale e seppure non si fosse nemmeno trattata di un’impresa, questa comunque si sarebbe imposta diafana nello scorrer grigio della sua vita.

Fai per mesi, anni, il tuo dovere e nessuno se ne ricorderà. Solitamente sua moglie, infermiera, recandosi al lavoro, gli lasciava da rifare il letto e da rigovernare la cucina con i piatti della sera prima.

Basta però dimenticare una volta sola il proprio dovere e per sempre ci si ricorderà di quella mancanza. Quindi lui se la prendeva con calma, cincischiando, in nulla eccellendo e aspettava da anni la Grande Impresa.

Quella mattina, prima di andare a lavorare, annaffiò il ciclamino che stava sul tavolo di cucina.

********************************************************************************

Intermezzo

Diceva un piccolo principe che “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Ecco che cosa non coglie inconsapevole l’uomo d’oggi giorno: l’essenza. E’ sì abile nello scorgere l’utilità insolita delle cose,

sottilissimo nell’attribuire nuovi valori agli oggetti che lo circondano, ma incapace di farne senza, ha perso di vista una cosa soltanto: l’essenza. Subito così una pianta diviene un ottimo soprammobile, una parte dell’arredamento, un cuscino diventa sedia, una sedia un’opera d’arte.

La pianta soprammobile, appunto adesso sopra un mobile, fa pendant con ilcopridivano, dà tutta un’altra rilevanza alla carta da parati, ma nessuno si sogna di chiedersi la pianta che cosa sia, quale grande verità debba rivelare al mondo con il suo esserci: il ciclamino cresce, fiorisce e muore, inascoltato sopra un tavolo.

********************************************************************************

Dopo il lavoro, di solito faceva la spesa, ma non la faceva come le persone la fanno di solito.

Ogni gesto era misurato, ogni movimento una preparazione. Il supermercato era il luogo dove si doveva consumare la Grande Impresa.

Sperava sempre silenzioso che una qualche vecchia signora fosse scippata della borsa o che, fuori dal parcheggio, qualche macchina stesse per investire “casualmente” un passante. Cosimo si sarebbe trovato lì e avrebbe sventato la minaccia nell’ammirazione collettiva. Chissà come l’avrebbe stimato la moglie ora al lavoro, per la quale bastava dimenticarsi d’un semplice compito domestico per divenire oggetto d’ira e di rimprovero. L’aveva conosciuta mentre comprava l’orzata.

Aveva letto su un libro che Napoleone era ghiotto di orzata. A lui, Cosimo, non piaceva affatto, ma la beveva comunque, tronfio nella contentezza dell’emulo. A forza di berla s’era convinto che nemmeno a Napoleone piacesse e che lui pure, il piccolo caporale, la mandasse giù poiché trovava nell’orzata qualche liquida virtù.

********************************************************************************

Finale: Allegro ma non troppo

Uno sparo e nulla più.

Il rapinatore gli era davanti, strattonando la cassiera e chiedendo il contante.

I clienti del supermercato erano tutti a terra distesi.

Cosimo serrò la mano dentro la giacca e gli fu addosso. Ora il rapinatore era a terra disteso con le altre persone, privo di sensi.

Fu tutta una folla attorno a Cosimo. Si alzò fra i corpi che addosso adesso gli si stringevano in uno strepitio serrato. Sorrise a facce di persone sconosciute, superbo, con la mano dentro la giacca.

Poi rimase accigliato: aveva compiuto una Grande Impresa.

Ma quella mattina non aveva rifatto il letto. Né lavato i piatti.

Tommaso Maiorelli

Per commenti:

E-mail: maiorellitommaso@alice.it

Poesiola tragi-comica

Di forni non ce ne sono più

mi dice l’attempato funzionario

delle funebri pompe, l’abitudinario.

Possiamo mettere, se vuole,

il morto dentro al forno di famiglia, dice,

tutto contento.

Certo, non di sol pane vive l’uomo, io dico.

Ci starà? Domando e al tempo stesso  sudo freddo,

debbo rispettare le sue volontà,

del morto intendo dire,

ho paura che ne facciano poltiglia

(dei restanti parenti defunti, intendo dire),

giacché la bara occupa volume.

Non si preoccupi, fa lui d’un tratto un po’ distratto,

prende un signorile martelletto,

con serio impegno

scalza la lapide del forno.

E infila il feretro e accanto le cassette

o urne un tempo nobile lontano

chiamate, denominate, con sacrità

rammentate.

Le cassettine di piombo, disposte come puole,

accanto al grosso feretro, si senton piccoline,

cercano di far posto, poverine,

si asserragliano come mele nel cestino.

Lui, comincia a dare martellate,

sempre più forti, tanto che nell’Ade,

tali rumori vengon scambiati

per lacrime di chi non vi è già più.

Continuano le martellate ( come battiti di cuore

di Poe-narrazione memoria),

per far entrare tutti degnamente là dentro:

ecco fatto, mio caro signore,

esclama tutto soddisfatto,

non si potrà lagnare,

di questa bella riunione familiare.

O caro Ugo!

Hai visto che drammatica lezione

l’uomo moderno vuole darti,

per chiarire in qual modo

gli Avversari dell’Umanità

ispirano pensieri morti

sulle sopravvivenze corporali?

Ti prego, se ci ascolti,

col tuo sentire forte e melodioso,

emana dal luogo ove ti trovi,

nuovi versi sulla memoria

vivente di chi ha calpestato

un giorno il suolo terrestre

ed ora vuole essere solo Ricordato

per come fu e per come è diventato.

(Juan de Flandes, Resurrezione di Lazzaro)

Un giorno lontano nel Cosmo

Un giorno lontano nel Cosmo

il Dolore bussò alla porta dell’uomo

ed entrò per parlargli, solo per parlargli.

“- Non posso ospitarti, disse l’uomo imbronciato,

sarei ipocrita se ti dicessi mio amico -.

Non negherò che il Dolore ci rimase male

e si allontanò con le lacrime agli occhi,

vagando per terre e paesi

si domandava il motivo del suo isolamento.

Sapeva che gli uomini non conoscevano

le cause della sua esistenza.

E dunque, volle andare direttamente  dal suo Superiore,

che in quel caso riconobbe come Dio.

Dio lo stava aspettando da tempo.

“- Nessuno uomo mi ha dato rifugio;

tutti mi sfuggono…-“.

Dio lo guardò con amore e gli rispose:

“Non parlare di te stesso con gli Uomini,

proprio ancora non è consigliabile.

Alle domande per il momento non rispondere,

alle risposte non dare confidenza,

tu sei il Figlio dell’Amore

e questo deve bastare, per adesso,

a chi si pone come fine il fine

e dimentica, anzi oblia, volutamente,

l’Inizio”.

 

Allora il Dolore si sentì più felice

e su una pietra si mise  a meditare.

Eulalia Aulero

 

 

 

 

 

Sai

Sai, quando mi guardi,

Perché sto parlando

Io ti vedo al di là della pelle.

Di te mi colpisce

O mi meraviglia 

L’ardore misterioso 

dei tuoi occhi.

Nei quali,

A onor del vero,

Intravedo il fuoco

Della muta presenza 

Di un Arcangelo.

Alessandra Vettori (Dialoghi poetici con l’Anima complementare)

Odilon Redon, Apparizione, olio su tavola, New York, Muswum of Modern Art

Carissimi lettori de “La casa della Parola”…

… siamo dispiaciuti per non aver potuto aggiornare il blog da quest’estate. Ringraziamo coloro che lo seguono e spero ci perdoneranno questa assenza forzata. Motivi stringenti ci hanno costretto a lasciare il Blog silenzioso, ma , si sa, alle volte una pausa è necessaria.

Torneremo a pubblicare quanto prima, soprattutto i capitoli relativi a “Il fiore azzurro”.

Nel frattempo, trascriviamo una poesia di Eulalia Aureo.

Les Mémoires de Saturno

Elettriche  e sognanti

convergono verso di te,  Saturno,

le immagini che ho ideato,

nel silenzio che il dolore

fino ad ora aveva impresso

nell’aria lieve e fresca della sera.

Nel silenzio di me

nell’isolamento apparente

come i moti vorticosi dei pianeti.

Ritmano le sfere musiche

inaudite

sconosciute

belle

meravigliosamente belle.

Immagini d’un balzo giovanissime e ridenti

si vestono d’anziano e di sagge parole

e l’amore che ho visto in tanti occhi

rispecchiano

risplendono

stelle amiche

in un’oscurità che ha perduto

la sua terribilità.

Luce vedo comparire

da voi

a me,

da me

a voi,

fratelli uomini.

Cari.

satturno
saturno

Baldelli di Eugen Galasso

Trisomia 21(la mia):    Un c’è mia più Baldelli, un shi hredi?/Firenze es bien rara, ahora/S. Frediano dov’è?/Non lo sappiamo(Eugen Galasso, 09.05.2009)     Logopedia:     Killer, non pentito, certo, anzi ultra-convinto. Nel”tempo libero”(quando, però, si potrebbe chiedere?)organizzava feste, ritrovi, incontri, quasi”culturali”, con attori, cantanti, reading poetici bellissimi. Durante gli incontri, faceva il perfetto gentleman, salvo sparire improvvisamente ad necandum aliquem vel aliquam, insomma, a seconda dei casi.  Era gentile, “socievole”, fors’anche “trendy”, conosceva la moda culturale dominante in quel momento, non s’azzardava a dire nulla di più del necessario, ascoltava, quasi fosse un rogersiano, un pedagogista clinico o quant’altri…Solo una volta mise becco, per difendere amici, amici di amici, da un sopruso bell’e buono… Era sempre di buon umore, affabile, sorridente: “COme stai, mio caro/mia cara”etc… Poi, talora, s’allontanava, cercando di non dare nell’occhio, di non farsi vedere, di sgusciar via…  Intanto, balli, esibizioni, flirt, convivialità diffusa. “Sa, mia moglie ha voluto comprare la cucina nuova… ”  “Ah, certo, il viaggio in Messico è stato fantastico. Beninteso, ci siamo stati prima della”nuova influenza””.    Discorsi d’ogni tipo, d’ogni genere, finché, tutti s’addormentarono. Polverine nelle bibite o qualcos’altro? Cause mai accertate, lui, il”nostro”, sicuramente non era in casa, al momento del fattaccio… no, del fatto, perché in realtà nessuno/a dei presenti subì alcuna conseguenza, neppure quelle tipiche delgas esilarante o simili… Niente di che, diremmo, non fosse che per l’inchiesta scatenata dopo, che escluderebbe(ovvio)ogni responsabilità del padrone di casa, che non avrebbe mai avuto alcun interessa a far accendere i riflettori sulla(e) propria(e) attività. Comunque poi, il lògos si esercitò molto, con dibattiti, dibattimenti, consulenze etc. Lui, però, s’era involato; nessuno ne seppe più nulla… Eugen Galasso, 09-14/05/2009

Ancora scritti di Eugen Galasso

Il y a 40 ans:      Mai sapere/nulla capire/Hombre en la luna(peut e^tre)/Fragorosi ricorsi /rebeldia de todos(che speranze!):ora tutto distrutto, certamente speranze/frenate-franate/Insonni banalità da non risolvere/à jamais (Eugen Galasso, 25.05.2009)                                                                             Ma poi…?.      Ma poi finiremo/raro nulla co/lo/ra/to(al meglio con colori diversi, se la grafia computerizzata funziona, e.g)/Ri-sentirsi strano fenotipo/intellettual-giocante?/ Gallinaccio un po’ smunto/Ri-trovarsi muy nino(Eugen Galasso, 19.05.2009)

Les amis d’abord:               “Et buccinabat, Naty, buccinabat”(Salimbene Adam rivisitato) diceva spesso. Era un assertore, il nostro(“vostro”, ma solo se volete…), perché diceva le cose come verità assolute, senza riserve, critiche, relativizzazioni o altro. Ricordava il tempo felice(?)”quando”studiava filosofia con  gli altri due companeros, invero con tanto di difficoltà, perché lui aveva paura di tutto. Occhi bassi, lui, sempre, ma i suoi amici erano sempre là a supportarlo-sopportarlo, anzi meglio il Fiorentino, già geometra, che era veramente caldo e accogliente. L’altro, Romagnolo per caso e forse per errore(in realtà era caratterialmente tutt’altro che Romagnolo, avrebbe potuto essere Trentino, piuttosto…), era un depresso, un”caratteriale”, ma soprattutto un”pesce lesso”(no, questo il “nostro” personaggio non avrebbe propio dovuto dirlo…).Il”pesce lesso”no, ma l’amico geometra fiorentino(alla faccia del multiculturalismo e del meticciamento, con queste continue rivendicazioni d’appartenenza, ma su ciò cfr.pure M.Tibaldi, Matrix, Babel, Felix, Udine, 2008, Kappa VU-dopo di che si lasci perdere la questione, non adatta a un racconto oppure sì?Il lettore altrimenti farà da sé…)l’avrebbe aiutato sempre, tra l’altro, in almeno tre circostanze cruciali della sua vita, in maniera decisiva, evitandogli il peggio.  Guardava, leggeva, non “cresceva”(mai avrebbe preso sul serio l’invito deciso:”Vuoi un consiglio d’amico?Svejate!”, rivoltogli durante la pausa già alle scuole elementari-mutuato da un noto”quasi jingle”, certo spot pubblicitario dell’epoca), era puer aeternus travestito malissimo da adulto. Ma Maurizio(chiamiamolo finalmente per nome, l’amico fiorentino)era sempre là, accogliente, ironico, straordinario. Un altro amico  l’ aveva, certo(“sindacalista del lavoro”, così si definiva), ma era un geniale savanturier à la Boris Vian, ma con tratti da maudit che forcludeva, con scarso successo, totalmente monologante, mentre Maurizio, che certo non era mai secondo a nessuno, come intelligenza, sapeva far parlare l’altro, ascoltarlo-virtù che apprezzano rogersiani, gordoniani, ma poi(nel senso della scansione temporale)soprattutto pedagogisti clinici e reflectors(e invece il “nostro””protagonista”che poi non lo è, c’est bien un miroir, pluto^t…, che allora non ne sapeva nulla, lo sarebbe proprio diventato, pedagogista clinico e reflector…) e rifletteva, certo senza mai imporre mai nulla a nessuno, dispensando invece il suo formidabile humor fiorentino. Poi, tutto alla rinfusa nella testa del povero pirla del Nord-Est, c’è: brutture e orrori della vita, morti di genitori e di parenti, di conoscenti e di amici. Di seguito(ma poi la cronologia? Credo di no!)sarebbe morto il “sindacalista del lavoro”, quasi suicida, ma anche Maurizio(che lui chiamava Jaca Book, ma solo in privato, rischiando altrimenti persino di far pubblicità alla casa editrice omonima, tanto che aveva adattato alla bisogna un motivetto musicale, dato che poi metrica e prosodia tornavano particolarmente  bene). Ma Maurizio no, era inspiegabile che fosse morto, era un disastro! Amava la vita, lungi da lui che avesso potuto… No, un orribile aneurisma. Lui era già rimasto ultra-traumatizzato dalla morte del sindacalista,  ma anni(qualcosa di simile l’aveva già provato invero anni prima con un altro amico, ma lasciamo perdere—  un’altra volta , forse…) anni dopo la scomparsa(o era andato via per un po’di tempo, come alcuni/e personaggi/persone dicono di Elvis, di Jimi, di Kurt.?…)l’avrebbe feirot per sempre, non lasciandogli più alcuna speranza, sul caso-hazard(o sul destino? No, il”nostro”diceva di no)cinico e baro, sull’assurdità dell’esistenza etc. Speranze distrutte, qualche momento d’ estasi(relativa) solo per intervalla, quando si trovava ad osservare/sbirciare/ascoltare(per accidens? No!), sorella del primo amico morto se necans(ma anche qui, accantoniamo, per ora, ciò che non andrebbe accantonato)e le forze invero formidabili di N. . “C’è ancora qualcosa, allora”si diceva. Quindi qualche candela accesa, qualche stella. Ma il Natale e le epifanie(minuscolo, si badi!)erano in certo modo morte con  Maurice(ci permetterà di tradurre il suo nome in francese?L’estensore se ne prende libertà, si “dà facoltà”)e con Enrico/Heinz, ma anche con Bernhard(vedi sopra)erano in certo modo morte, scomparse per sempre, non c’erano più. Ogni tanto, durante le febbri più accese, invocava quasi(anzi meglio…)spiriticamente Maurizio, lo chiamava quasi, ma…  Poi le epifanie di cui sopra(ut supra, op.cit.)con tutto e di più…;inoltre, il suo acceso quanto a-religioso misticismo, fino al senhal, dove entrambe le direzioni si sarebbero fuse…   ( Eugen Galasso, 19/20/5/2009)

Pralina e Andrea e… (Eugen Galasso)


“Pralina
e Andrea si sono fatti fare il tatuaggio dell’amore. E chi se ne fotte?”,
ripeteva. A parte la sua contrarietà assoluta a ogni tatuaggio, era ben
convinto a lasciar perdere queste mode(all’epoca, quella sua classica di
riferimento-anni Settanta e ancora di più Ottanta-grazie al cielo si era
rimasti alla”medaglia dell’amore”), ma soprattutto la sua atroce
timidezza(ora però rivalutata-ma…quid dicit Brel?)gli faceva rifiutare tali
tipi di approccio al reale(reale?). Il che non toglie che, nel(al) momento
presente, fosse disperatamente, visceralmente innamorato. Ma proprio per
distogliere la mente da questo pensiero, che rischiava
d’essere”assorbente”(da quando s’era liberato dai tabù pregressi, non
domandava di meglio che pensarci, ma d’altronde le resistenze pregresse
funzionavano, non c’è nulla da fare…). Voleva quindi darsi da fare nella
ricerca di… di quella strana caratteristica che aveva. Non
per”curarla”-superarla, s’intende(sarebbe stato bieco moralismo,
sciatteria da nulla: perché, poi, venirne fuori?Gli piaceva e tanto bastava,
non era un bacchettone né uno stilita), ma per ritrovarne le fonti,
cronologiche, specialmente. Era sempre più convinto che il tempo medio fosse
quello, l’adolescenza, la pubertà, ma qualche ricordo lo conduceva anche più
indietro, in realtà molto più indietro. Alla sua nascita? No, probabilmente no,
sarebbe troppo, troppo in là, insomma. Continuava a camminare(il treno,
d’altronde, non aspettava-non l’avrebbe aspettato), ma il suo pensiero era
fisso là, alle date…”” Chissà perché, questi ritualismi?”,
“non capisco, ripeto, perché mi pare che “… Ma non era lui a
parlava, “si parlava”, on parlait, se hablaba, impersonalmente, cioè.
Tutto così, sospeso.    Come i suoi tempi, a parte quelli
martellanti e martellati… Cadeva, anzi meglio rischiava di ripetere la caduta
di qualche settimana(o un mese? Mah…)prima, rischiava di fare un tuffo
rovinoso sul selciato non dolcissimo della stazione ferroviaria. Salì in treno,
assopendosi quasi subito. Vide l’alternanza di pianura e montagne, fu
svegliato(improvvisamente e più ancora improvvidamente, ma tant’è…)dal
cellulare. Doveva rivedere uno scritto, rileggere una tesina, ma diede comunque
un’occhiata ai giornali, occhiata destinata a preoccuparlo non poco: “Ripresa
dell’attività bellica tra Islanda e Finlandia per il controllo dei pozzi di
petrolio nel Mar Artico”. Dopo interminabili discussioni sulle fonti
energetiche, sulle”nuove disponibilità”etc.si era ancora  a
questo punto? A parte un certo stupore legato alla geografia(superato, però,
dopo una considerazione più attenta di fonti e possibilità effettive, oltre
alla solita considerazione sul glocal(ormai come il prezzemolo…), si era
convinto della possibilità della cosa, lasciando poi poco spazio al”più”(più
possibilità di moltiplicazione-diversificazione di fonti e
fondi”investibili”, altro ancora), franca capacità ostativa rispetto
a notizie simili(“attività bellica”, dopo tutti i trattati di pace
intercorsi nel frattempo? Ma…stiamo scherzando?). Tornò a ripensare ai suoi
problemi, più che altro alle questioni da risolvere, quelle sopra-accennate, in
realtà. Vittima, nolens volens, anch’egli della logica del”chiodo
schiaccia chiodo”(facile da criticare a livello teorico, ma
psicologicamente formidabile meccanismo di autodifesa-rimozione
dell'”altro”), era tornato”tranquillamente”(beh, si fa per
dire)alle”sudate carte”, dove già l’aggettivo citato incrina
fortemente il senso provvisorio di cui sopra. Dormiva, si risvegliava riprendendo
il lavoro, si riaddormentava… Bioritmi spezzati, oltremodo franti,
dimi/di/àti(sarà improprio, non vigendo nella lingua italiana e per di più in
prosa la metrica quantitativa latina, d’accordo, ma è troppo bello per non
interferire-le sinapsi o sono creative o non dovrebbero essere, pensava), ma
comunque sufficienti a fargli raggiungere senza troppo stress la sua meta.
Scese dal treno con una certa fatica(affanno dei bagagli, ma anche altro, in
particolare problemi seri concernenti le sue”magagne”fisiche,
contratture e questioni di tipo artrosico, pur se forse la definizione può
suonare impropria, generica, meramente dettata da volontà classificatoria…),
arrabattandosi con altro, come una bibita”tratta”dalla macchinetta
automatica(la cosa non era certo consigliabile, dal punto di vista
igienico-sanitario,. decisamente da”bandire”, anzi, visti anche gli
esiti della crescente epidemia di EPDSHAL), ma la sete o meglio la necessità di
riscaldarsi(ipotermia costante o quasi, la sua)era stata causa scatenante del
comportamento imprudente… Tornato a casa, fu sua premura di ricontrollare le
comunicazioni importanti inviate via mail e via cellulare, di ri-controllare
i testi, di concludere, almeno parzialmente altri materiali
rimasti”inevasi”. Non è questione di precisione, doveva perà operare
in modo deciso, almeno riteneva di doverlo fare. Pause, qualche minuto di
sonno, poi la lettura e i suoi indomiti e onnivori piaceri(fortemente
condannati da chi a quest’attività non si dedica mai; manco il
fascismo”Libretto e moschetto…”-insomma, con quanto segue, aveva
avuto il coraggio di criticare apertis verbis tale”pratica”,  ma
poi… l’agire di molti/e contrastava con la volontà di sapere… non
necessariamente intesa foucaultianamente, però. Volontà sbandierata, mai messa
in pratica… troppe le illecebrae mundi et coelorum, dalle riunioni mondane a
quelle ecclesiali(dove troppo spesso si prega e basta, non leggendo neppure le
Sacre Scritture). Troppe, anche le delusioni accumulate strada facendo… ma
lui rimaneva “tamugnamente”attaccato al principio bulimico, rispetto
alla lettura, poi, senza però buttare-vomitare-espellere mai nulla…Bulimia a
metà? Sì, forse è così… Aveva poi coordinato un gruppo, uno dei soliti. Di
notte, nel sogno, tornava tutto:tornavano “cose strane”, anzi, à
mieux dire, tutte le sue”ossessioni”(lemma quantomai inadeguato, è
assolutamente vero), si riaffacciavano vecchi fantasmi, “fantasmi”(ut
supra) strani, cose che francamente non sono né troppo inquietanti né
pericolose, né a dirsi(semmai, anzi, se mai, ci scappa una risata…)né a
farsi…dove eventualmente suscitano curiosità, non di più, a meno di
non”esibirle”(nulla di “sconcio”, peraltro)in regimi
para-pinochetiani o qualcosa di simile(la Romania del Conducator Ceausescu, per
chi ne abbia memoria storica, al massimo)… Tutto così, tutto strano, tutto de
nada. E intanto, con somma delusione di chi s’aspettava un thriller, un’altra
notte”sognante”era passata.    Eugen Galasso

Verdeggiantio
finestre:    Sogni/ippocampo= macchie desideranti? Sì, questo
l’assioma. Ma quali, poi, e come? Letti-interpretati secundum Freud, per Jung,
selon Lacan, laut Reich etc… Oppure sogni notturni, o invece ad occhi aperti?
Non lo sapeva, né intendeva saperlo. Certo, il passo era/sarebbe stato lungo,
non sapeva come districarsi, nel”mondo di ladri e d’ eroi”(De
Gregori, mi pare). Per lui, certamente, il mondo era quello del degrado, della
caduta nella come anche della materia, che non “perdeva”, opaca e
orrenda. Intanto rimaneva pensieroso, assorto-stoned, stritolando l’ennesima foglietta(no,
carissimi, siete fuori strada! Un sh’entra punto!). Poi l’n+1(approssimazione,
ovvio), gli cadde, producendo un”la”prolungato, veramente sognante(ma
era sveglio, il narrante, quasi certamente anche il protagonista…). Un nome
sentito che risuonava automaticamente, meglio servendosi(?)delle”pagine
del mattino”. Era il nome della sua terribile-dolce amica.(Eugen Galasso,
04/05/2009).        Il baco(o il bruco?). Un
poème en politique :
Winston non c’era/ Malagodi ahinoi, respinto, voleva ri-far
capolino/Fourier, je crois bien, /puede ser/In tutti noi s’insinua il verme
dell’inganno/Contro l’atroce nulla Verdi salici”piangenti”/
Ziggurath/ gioviali vendette del tempo(Eugen Galasso, 04/05/2009)

Gentili lettori, a voi i racconti dell’amico scrittore Eugen Galasso

“Oh no, no, per cavità”(dove sarebbe stato carità, ma qualche glossema può pure sfuggire, essere modificato, in specie se”fa fino”dire diversamente…a parte la scelta, meglio l’orientamento sessuale”queer”, rispettabilissimo, se non da vitelloni di basso conio, da machos da poco), come diceva l’augusto prof., valente per altro, atrocemente dileggiato, pur se stimato dallo scrittore-notista-caricaturista(e qui si appannano le definizioni, vanno in rosso i sostantivi)di Peppino Marotta, peraltro suo zio(“Ah, certi zii”, aggiungerei modestamente e mestamente). L’argomento di oggi dovrebbe essere”Le  grandi idee vengono al mattino”(zio Fritz, ossia Friedrich Nietzsche), ma a chi ha la pressione bassa è ben difficile che il mattino, in questo senso, porti…coniglio(consiglio no, questo no, la notte poi, popolata di sogni e d’incubi…); oltre a tutto, dopo”Shining”di King e la relativa trasposizione filmica di Stanley Kubrik, con”Il mattino ha l’oro in bocca”, ripetuto ossessivamente, diremmo proprio che non vi siano speranze… E poi, il mattino d’accordo, ma a quali condizioni climatiche? Poi quando, a colazione fatta-avvenuta, o a digiuno? Poi, se sì, a colazione avvenuta a colpi di bengala oppure a colazione parca? Ancora, alzandosi quando? Non vorrei dirottare altrove, verso altri lidi, ma …  Non so che cosa dire, in realtà. Il rag.Rebaudenghi, da sempre propenso a letteratura(era diventato rag.solo per far piacere al papà) e improperi, di mattino imprecava, prima di recarsi al lavoro. Willam Burroughs, poi, era capace di imprese ciclopiche oppure di qualcosa di analogo, mutatis mutandis et temporibus, alla”mitica”soluzione 7% di holmesiana memoria… Eh sì, che diamine, che cavolo, non saprei, no… Di tutto, di più, di meno, di nulla… Rebaudengo, poi, rimasto in braghe di tela… Ma poi, grandi idee su che cosa, filosofia(ahimé, là solo, crestomazie, si direbbe, ormai da vari decenni…), letteratura(là basta qualche gouache, dice qualcuno, ma sarà vero?), teoria politica(dare la sterzata, ma quale?), scienze(ri-s-montare l’universo atomo su atomo, anzi elettrone su elettrone, prescindendo da partizioni più piccole…), altro ancora, dove l’immaginazione non ci soccorre più… Esempi ne trovere(s)te a migliaia, basta pensarci un po’, anzi neppure, le intuizioni calano a migliaia da sole, talora, però, solo talora. Per metterci una citazione(stona, non stona, mah…),”Ma ora mi soffierò il naso, perché ne ho bisogno”(Isidore Ducasse, alias comte de Lautreaumont, “Chants de Maldoror”). Oltre a tutto, di Lautreaumont rimane oscuro, quasi”buco nero”, il periodo trascorso in Uruguay, anzi proprio nella capitale Montevideo, che l’accomuna a Dino Campana, anch’egli”profugo”colà…Un”buco nero”? Forse non proprio, ma quasi… Di mattina, si diceva:chi scrive ricorda qualche passeggiata con un’ anziana”maschera”del cinema, dei tempi lontani in cui scriveva(non la maschera, l’estensore di queste righe)note di cinema, quando il signore in questione raccontava cose che comunque lo interessavano, di cinema ma non solo. Ancora, più recenti dolci passeggiate romane, invero un po’di fretta(malum tempus fugit, poi l’alienazione metropolitana, nelle città sud-europee in specie, dove poco funziona)per l’Urbs, altro ancora. In complesso, vite da non da raccontare oppure invece sì…? Fate voi lettori/lettrici, anche perché de gustibus…con quanto segue, certo. Decubito e relative piaghe, dicevano. Erano quelle di tante persone che il rio male stendeva, alla lettera,   dove però immaginatevi quale possa essere la”preghiera”(anche ideale e ultra-laica, però)del mattino. Sarà: “Come farà a resistere fino a domani?” “Mi cambieranno stanotte?” et similia, nel senso di”simili amenità”. Ahinoi, ancora una volta… Meglio pensare ad altro: magari a la “man^ana loca”del  dirigente che aveva sparato a quaranta dipendenti, perché individuava in loro dei”nemici di classe”, dato che il vero rivoluzionario era diventato lui. Paradosso, direte? Mah…solo fino ad un certo punto, perché dopo sopravviene la conventio ad excludendum, perché, cioè, scorrono sciabolate e di molto peggio. “Di tanto, di molto/di troppo, di come/di quanto de nada/Ma quale/Ma forse/ma…”.      Si parlava di passeggiate romane, dove un relativamente dignitoso(?)cinquantenne girando per una mostra di farfalle, té, dipinti secenteschi(era tutto presso l’Uccelleria del Museo Galleria Borghese), ammirava soprattutto le farfalle, saltellando qua e là,  come un dodicenne-diremo anche approfittava di una pausa di sciatalgia e disastri vari a livello d’artrosi varia, diffusa, ben più che incipiente-  (anzi no, molti/e dodicenni sono decisamente più seri/serie), mentre la sua bellissima accompagnatrice(come direbbe Paolo Villaggio ne aveva semplicemente pietà), giovane e bravissima attrice-musicista, si limitava al dignitosissimo e ottimo quanto preciso scatto fotografico. Ben diverso approccio, ben altro livello, forse quello tra uomo e donna, specie quando la donna è una super-donna e l’uomo(?)solo un povero ometto con la testa fasciata di libri… Non solo il secolo della superiorità femminile, con buona pace di teorie ottocentesche(Weininger etc.)che sostenevano il contrario, ma un(giusto e necessario, crediamo)rovesciamento e risarcimento di ruoli. Dove, ancora lo scrivente, si ricordava della super-donna tirante pesi(della pesista, meglio), dell’immane gonfiatrice(immagini viste in TV, in video, scaricate da Internet e Inter-nautilus, prosecuzione diretta di Internet, volendo…, ma anche immagini realmente viste-sperimentate, in qualche caso), di…(sì, di lottatrici formidabili, ma qui francamente si sforerebbe). Tutte cose interessanti, ma il fil rouge(ma c’è, vi chiederete? In effetti sarebbe molto difficile rispondere) impone di tornare alle farfalle. Farfalle che il gran mistico(minuscolo? Beh sì, perché in effetti…)si rifutava di cacciare con il retino, perché sosteneva, giustamente, essere “sacra”, comunque intangibile, anche la loro vita. Non solo  gandhismo, non solo rispetto assoluto del”creato”(ma qui lo scrivente avrebbe qualche obiezione, pur condividendo la tesi di fondo, ovvio) , ma anche culto della bellezza, evocato, sognato, riconquistato-ripreso, dopo un’epoca di orrendo lavorismo(non laburismo, attenzione!), di materialismo bassamente meccanicista-produttivista… Culto del bello, assolutamente. Per cui la farfalla, in ogni modo, è quintessenza di tutto quanto poi la nostra cultura ha cristallizzato in danza sulle punte, birignao etc., insomma in tutta la paccottiglia, tra estetizzante, moralistico ed erotico(eh sì, questi ultimi due termini, teoricamente opposti-oppositivi, sono in realtà prigionieri di una disperata endiadi)che ha caratterizzato l’Ottocento(in specie quello italiano, con tanto di Vaticano onnipresente, mentre in Francia,  per es., da sempre c’è il gallicanesimo…)e poi l’epoca umbertina, per cui un Guido da Verona e poi, in epoca fascista, Pitigrilli(scrittore più solido, certo, poi diventato spia dell’OVRA, ma… nessuno è perfetto)sarebbero diventati campioni di libertà e di libertinismo, concetti che certo non convergerebbero, stando ad un’interpretazione sana delle cosa, ma lo fanno oggettivamente, nel permissivismo repressivo(espressione francofortese-pasoliniana, nella realtà delle cose, se non nel conio, magari nominalista).    Ma torniamo all’inizio, diceva quel tale, senza ricordarsi bene quale fosse l’inizio… Ah, sì, sì, “Ah, no, no, per cavità!”. Dovrebbe essere una vera protezione dagli sciocchi, una sorta di veto che protegga dalla dabbenaggine umana, invece, de facto… poi, non serve a nulla: ossia, per meglio dire(à mieux dire, mi correggono, ma insomma…)di melvilliana memoria. Contro gli ordini idioti(ma quale ordine non lo è, in definitiva?) di qualche”superiore”(militare o civile, viene da dire, il fatto è che tutta la nostra società segue un modello gerarchico-militaresco, sembra non funzionare altrimenti), bisognerebbe dire il”Rispondo no”, non solo il”Preferirei di no”dello scrivano di Melville. Meglio quello, tuttavia, del nulla della società”affluente”(ormai sempre meno)e del compromesso cercato-voluto-chiamato-“conclamato”…  Lo scrivente, in ciò, non era mai stato eccelso, preferendo, por miedo, il compromesso bizantino, il”Pissi pissi bau bau”, il”ditemi pure ciò che devo fare, farò altro”. Appoggiandosi, poi, al compromesso esaltato come verità, alla falsità fatta passare per valore(del resto vi sembra sia un disvalore in questa società? Già gli hippies e prima ancora i beatniks, molti decenni fa, avevano cercato di dirlo, se pure in maniera confusa e molto spesso contraddittoria), ma più ancora alla sua reale incapacità fisica di fare, s’era sempre rifiutato, pur se con qualche”dubbio”, qualche oscillazione,  di fare. Il fatto è che il rifiuto, quasi mai, era stato esplicitato come tale, era qualcosa di strisciante, di implicito.   La sua vera vita, peraltro, da quieto”mister Hyde”, si svolgeva tutta”in the darkness”, comunque nei momenti segreti, pur se non al buio, nell’accezione fisica del lemma… Così, i suoi rendez-vous clandestini(beh, mica tanto, anzi)con ragazze fortissime si svolgevano in cittadine da Belle Epoque decaduta(ormai totalmente, si direbbe).. . Ma avete sentito parlare di farfalle, dell’OVRA(perché non anche del KGB, incalza l’amico Dupont, francese invero solo di nome), di Guido da Verona, di chissaà che cosa, mentre…come dicono altri, si sarebbe dovuto dire molto di più d’altro, anche se poi il “nostro”, anzi”i nostri”non specificano che si tratta di qualcosa di importante, senza in alcun modo dettagliare la cosa…). Rivoltare tutto, peraltro, ora non sarebbe più possibile. o no? Le sue scappatelle(cfr.qualche riga sopra) non fregano nulla a nessuno/a, sempre non si voglia riproporre un romanzo musiliano-joyciano-proustiano-burroughsiano(no, Burroughs non c’entra punto, Maremma…), quindi è meglio Eric Burdon, plagiando neanche troppo Deleuze e Guattari… Ma imcombe assolutamente il Grande Sabotatore(Dio, come ne godrebbero i Bermolen, tra i pochi veri maestri dello scrivente!), che ora vorrebbero proprio sapere tutto: perché si passi a parlare, dalla farfalle al cinema, dalla “letteratura di resistenza”(quella vera, eterna, non quella eternizzata, ma oggi a ragione relativizzata non solo da Pansa, specie se è di comodo e di facciata)alla”grande Soffiatrice”etc. Non saranno mica specchietti per le allodole, trame poi subito celate di un disegno oscuro? Insomma segnali in codice? Chissà, certo è che le cose sono preoccupanti, messe così, mentre lo scrivente rischia quantomeno sette convocazioni dure, con tanto… no, non proprio di plotone d’esecuzione, ma almeno di luce-in-faccia, insomma procedimenti speciali, che, sì, nei paesi democratici non si usano, però in quelli totalitari sì, diamine, che si tratti di stanare le FARC anche immaginarie, che  si agisca a Guantanamo. I remember strani, ma la PIDE c’era, diamine, Salazar… Come c’era il KGB, vero”Grande Fratello”…,  non quello TV, inventato per imbarbarire ancora quanto preconizzato da Vaneighem e altri, tra cui naturalmente in primis … Guy Debord… Tutte queste citazioni, ma che cosa c’entrano, ancora il Sabotaor Meglio la Soffiatrice, ma…Pamela Tiffin enflant un ballon”communiste”dans le film”Un-Deux-Trois”de Billy Wilder(1961), icona certo, ma non solo, meglio la”REALTA”… crediamo, ma…                                                                                                                                                                                                                                              Il Cartaio fa le carte/  Il Mortaio coltiva mor(t)e / e Guerìn fa pur la guerra(siempre cuentos de la guerra).                  Une fois, tu sais/Liberté ueber alles/Poi sfratti studi di tutto/                                         Katiusha missile carino?                            Allora, anche a giudizio(insindacabile? Mah…)del dirigente psico della Super-Sezione meglio lo scrivente con le sue immani Soffiatrici, vera evocazione archetipica(“Appunto”, soggiunge l’esimio prof.Arnaldo Arnoldo Alfonso Cioni)che tra parentesi non son nemmen rubricate(hate, pardon!)nella”Psychopathia sexualis”del Krafft-Ebing e in successivie opere sul tema.           Non vedo perché si debba silenziare Dio. La vie ne fait pas des cadeaux, d’accord, mais quand me^me… On ne sait rien, je crois. Kein  Tag ohne neue Erkenntnisse. No se puede decir, no se puede . Infrattati impronte lamponi. Adesso anche i giochi di fuoco(jeux de feu, sì, bene)fonosimbolico-allitteranti. Poi, se invece che incitare alla guerra, saranno pur solo canzonette(ut dixit Bennato, ma non il colto Eugenio, il più”aduso alla vendita di CD”Edoardo), se lo scrivente, cioè, ama palloni da mare super-soffiati da forti ragazze, non si vede quale sia il problema, nella fattispecie. Gliene farete una colpa? Sarà un tardo post-hippy(o hippie, d’accord), tutto love and peace.     Ma altro, altro s’affaccia. il ricordo di Heinz(Heinricius)Mur, suo grande amico morto vent’anni prima, lui, comunista-sovietista(URSS, insomma)sfegatato, tutto Stalin e DDR, carattere intrattabile, ma per lo scrivente amico insostituibile. Si pensi che anni prima, sempre a Fi, aveva seguito il padre alla mostra dello scultore english Henry Moore(“No, non ho voglia, pap”), solo perché la phonè fiiva con il coincidere con il nome del suo amico, sorta di Robin Hood, filosofo da strada, che era passato attraverso esperienze diverse(consumatore di droga tra i primi in una piccola città del Nord-Est made in Italy, sindacalista,” politico”, studioso senza cattedra, ma instancabile ricercatore-dei suoi titoli non si dirà nulla, essendo il tutto avvolto da misteri-chi lo dava senza diploma di maturità, chi invece lo riteneva assolutamente diplomato, anzi laureato in medicina in un paese dell’Est-  altro ancora, dove l'”altro” non è qui troppo dettagliabile). Talora intrattabile, Heinricius, straordinario jongleur delle lingue(italiano, inglese, tedesco, ebraico), riusciva però sempre a”spuntarla”, ossia a dar dentro alle cose-a persuadere anche chi, politicamente e non, sarebbe stato lontanissimo dalle sue idee e opinioni… Ricordando un amico(di Heinz, non dello scrivente), scomparso suicida, notizia che il “nostro”(l’eroe di cui parliamo, cioè, chiaramente)aveva in ogni modo caché, more sovietico, al suo funerale, Mur leggeva nell’originale ebraico l’Antico Testamento. Fautore assoluto della “sovieticità”come s’era affermata storicamente in URSS(dopo un periodo adolescenziale passato da filo-cinese, era tornato all’ovile di”Santa Madre Russia”(URSS, però), era però indefesso sostenitore di ogni azione politica e militare dello Stato Israeliano(“l’unica democrazia del Vicino Oriente”, op.cit, pagina nessuna, essendo in questo caso intesa l’opera affermantesi nell'”orature”), non si peritava di scandalizzare lo scrivente con affermazioni tipo: “Vedi, questa macchina la producono in un paese dove non si sa neppure che cosa sia il diritto di sciopero, dove poi, alle repliche fintamente indignate dell’autore del brogliaccio che forse leggete/leggerete, negava tutto: “Ma come puoi provarlo? Non hai certo a disposizione un registratore? O no?”.   Insane morali da schiavi. Azzurrità impunite ma liquide e limpide. Paesi processati. Dance of flowers. Ma ecco l’esagitato, ossessivo-compulsivo(non sapendo curare, gli psichiatri, oltre a terapie mostruose o nel migliore dei casi blandamente dannose-inutili), che gridava a perdifiato insulti contro ex-prof., contro i martrti di Bakuba(non di Nassyria, però), contro… tanti altri personaggi stranissimi, frutto forse della sua”mente malata”, certamente da recuperare in una prospetiva storico-gnoseologica… Boh, lo scrivente si stanca, con codeste cose, non ne può più, letteralmente.  Bastava lasciargli il campo per tre minuti ed eccovi precipitati/e nel Maelstroem delle bobadas, almeno a giudicare con fine spirito razionalista(?). Di certo quello”spirto”(bella, la versione contratta o no?)che stava tanto sulle scatole al nostro diabolico scrivente.  Era sublime-inquietante, perché, pur con quel tono sempre sopra le righe e di molti semitoni sopra il dovuto(sempre meglio che sotto, pensava invero lo scrivente, ma qui si aprirebbero altre parenesi, altre storie), perché era capace di irrompere in una conferenza-congresso-riunione(come volete, insomma) di storici, gridando-cantando: “Ma chi era Statis Panagulis?”(gu-u-lis, anzi, dato che salmodiava tutto). “Credo che sia un nostro grande amico”, azzardava uno, “il nostro collega greco, non è quello di Salonikki”, al che l’altro, minacciosamente, fingeva di estrarre un coltello(in realtà oggetto di carta, simil-cartaceo, ma veramente solo simil-)brandendolo contro il malcapitato prof. Altre volte, faceva lo stesso dai matematici, dai geografi, dai geologi, dai fisici, risparmiando solo il campo filosofico: “Scienza incerta, non ci si capisce niente”, soggiungeva.  Turbava anche i sonni dello scrivente, in quanto compariva nei suoi sogni, sempre in costume leopardato, quando invece in realtà”aveva avuto il dispiacere”di vederlo sì, ma solo di tutto punto vestito… “Non sarò mica tapette”, si chiedeva con insistenza lo scrivente, aduso a ben altro, ma comunque… Basta così, noches estrelladas a tutti i potenziali lettori(tutte le potenziali lettrici, ovvio)     (Eugen Galasso, 16-25 aprile 2009)

Buon San Giovanni a tutti i lettori del blog. Lettere

… lettere

Cara Ale,

ho appena letto le due comunicazioni e ti ringrazio per quanto hai scritto sulle mie parole alla scuola; il convegno mi sembra interessante, e forse occorrerà una preiscrizione come è consigliato; infine,  per caso ho trovato sul treno una pagina di giornale che riporta, con tanto di foto, del ritrovamento di un marmo di Mitra e il toro proveniente da Veio, sconosciuto agli studi e, che, secondo l’articolo, mostrerebbe come gli Etruschi conoscessero tali misteri, mentre gli archeologi non si erano bene soffermati su ciò.

Mi sembra importante che un brandello di verità sia tornato alla luce anche per gli empirici.

Buon San Giovanni, Cri

Cara Cri,

ho studiato l’ultima conferenza del Dottore e penso che adesso più che mai sia necessario preparare la strada – sia empiricamente che teoricamente a seconda dei casi e delle situazioni – perché le persone possano dare un senso al male e al bene. In fondo oggi gli Ostacolatori diffondono le verità occulte in mille modi e quanto un tempo fu nascosto nei Misteri – per salvaguardare l’uomo e il suo Spirito – deve oggi per necessità del destino sociale essere mostrato.
Pur tuttavia mostrare immagini forti che possono imprimersi nell’anima come il sigillo fa con la cera contribuisce a favorire una conoscenza senza consapevolezza e dove non c’è consapevolezza tutto passa e imprime il suo sigillo e la libertà tanto celebrata a un dato punto viene meno e mette all’individuo nuove catene.
Chi è dedito a una via spirituale forse può difendersi, ma tutti gli altri, chi è lontano da questi studi per educazione o per età. è esposto a rischi gravissimi. Un tempo i sacerdoti si toglievano la maschera del male e sorridevano ai loro discepoli indicando con questa operazione religiosa o rituale che dietro tutto il male possibile o dietro la lotta nel Cosmo vi è la Forza Divina che soccorre, aiuta, trasmuta.
Nel nostro mondo odierno l’immagine colpisce con forza, talora con violenza, ma nessuno si toglie la maschera, perché mancano i saggi e soprattutto manca la loro azione occulta.
Se veramente il Cristianesimo è atto, azione, traduzione simultanea dell’idea che plasma la forma secondo princìpi spirituali, allora è bene ascoltare tutti e sempre e riprendere il filo interiore dove si era interrotto e ricamare il tessuto della vita, “oltre e malgrado la natura”, come avrebbe, credo, detto Massimo Scaligero.
Poi, sul tesoro che tutti gli intellettuali pensano di difendere custodendo gelosamente la cultura rigida che hanno costruita, tenendo nel cassetto le poche verità che sono riusciti a strappare allo Spirito e che si guardano bene dal comunicare al prossimo. ché altrimenti perderebbero il loro primato primate, stendiamo un pietoso velo. L’omertà. la disonestà intellettiva, l’invidia di quanto fa progredire l’uomo e la società, sono i veri nemici dai quali occorre difendersi.
Gli scienziati continuano a scindere la materia volendo riconoscere nel più piccolo il massimamente grande, gli artisti hanno tradito la loro origine ispirativa, basta loro a  volte utilizzare qualche pensiero e immagine in più, per creare la prossima opera, i filosofi discutono intorno ai concetti come se li conoscessero e comunque l’azione viene oggi come oggi considerata non importante.
Pure Goethe ebbe a dire “In principio era l’Azione”, cioè l’atto creativo che mette in moto ogni fibra del nostro essere, pensieri e sentimenti compresi.
i pratici sappiamo fanno tanti guai.
Se però i ricercatori dello Spirito fossero davvero empirici quanto lo furono i loro predecessori dei misteri fino ai grandi scienziati, se osassero mettere a rischio almeno una loro cellula, forse il sacrificio e la nobiltà degli Antichi non andrebbe perduta, forse atto e potenza si riunirebbero, abbandonando come vuoti cadaveri uno spiritualismo necrofilo e un materialismo rivivificato. Allora dovremmo sovravanzare Goethe con rispetto per dire “All’inizio era il Coraggio”, che può avere mille forme, tante forse sbagliate, ma queste ci sono, non tutte come le aringhe filieranno, ma va bene lo stesso, altrettanto male, altrettanto bene. E questo altrettanto bene così tanto voluto, così tanto determinato, che permetta la circolazione della luce meditativa in un organismo sociale che sta rantolando e attende una sana sepoltura.
Vorrei, mentre seguo questo feretro, io, memore di cose illustri, poter portare con me fiori di ogni genere e colore, viole, violaciocche, fiordalisi, sempreverdi e quant’altro e ricordare agli uomini che ideazione, potenza e atto sono in realtà un farsi creatore che non disdegna ricreare di continuo forme nuove e belle, vere e buone, come si diceva al telefono, essendo persuasa che la Verità noi l’abbiamo sempre davanti a noi e che è a Lei che comunque dobbiamo rivolgere lo sguardo perché ci insegni a fare ciò che facevano gli antichi sacerdoti, a riconoscere in ogni piccola cosa, la più insignificante, segreti e misteri da disvelare, con tanta umiltà ma senza paura, senza dubbio, senza esitazioni.
Un caro abbraccio
ale

Da oggi e ogni lunedì, articoli da segnalare e recensioni di film o letture

Su Il Corriere della Sera del 3 giugno 2009, rubrica Altri mondi è apparso un articolo di Walter Rossi dal titolo “Metteteci una parola buona e salverete la poesia”. Lo riscrivo integralmente e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, o lettori del blog.

“I poeti sono sempre stati cani sciolti: è difficile controllarli, averli come amici, amarli. Un tempo il potere li torturava, provava a piegarli, li incarcerava, li esiliava, cercava di metterli a tacere.

Oggi le cose non sono cambiate. I tiranni non provano neppure ad avvicinarsi, non cercano con tutti i mezzi di comprarti, sarebbe tempo sprecato poiché i poeti non valgono nulla e nessuno sa della loro esistenza; i ragazzi desiderano diventare calciatori o attori di fiction, mentre le ragazze preparano  il book con foto in costume da bagno , per diventare veline o parlamentari.

Occorre distinguere la stragrande maggioranza dei poeti (civilmente morti, esiliati all’interno delle loro città, torturati dietro le sbarre dell’indifferenza), da qualche servo del regime, che allo scopo di adulare il principe, senza mai contraddirlo, tradisce la poesia ed insegue il successo, i quattrini e una fetta consistente di potere. Questi grandi artisti passano il loro tempo a curare la propria immagine, a tenere conferenze a pagamento, a promuovere letture delle loro meravigliose opere in ogni angolo del nostro Paese.

La modernità ha reso superfluo l’uso di alcuni mezzi molto sconvenienti e politicamente poco corretti, anzi, a volte si spaccia la morte per vita, si promuovono pubbliche letture di parole morte prima di essere pronunciate. Così anche la coscienza dei criminali viene sciacquata da questi “eventi”.

Oggi i poeti autentici vengono ricacciati sotto terra , come letame nell’humos dei pomodori, ma con estremo garbo, senza clamore. Tutto accade con la morte silenziosa della parola, per fare di più in fretta si uccide la parola, soggiogandola allo strapotere delle immagini. Tutto viene sacrificato all’idolatria dell’immagine. Cosicché un’anziana poetessa diventa un animale da circo, viene usata e strumentalizzata da nani maledetti, che somministrano ogni giorno abbondanti dosi di gas nervino alle nostre coscienze. La vedi e la compatisci, e ti rendi conto che anche il tuo cuore è anestetizzato dal veleno delle immagini che si rincorrono nel circo mediatico, dove ti viene impedito di ascoltare la voce della poesia, coperta dal frastuono. Ma la poesia svela la carne sacra delle parole, quel fiume di sangue che ci rende uomini, quella dignità che nessun criminale deve scalfire. Nessuno osi violare la verginità della parola poetica, nessuno pensi di poter sostituire l’essere con l’apparenza.” di Walter Rossi

Non soltanto sono d’accordo con chi scrive che lo strapotere delle immagini impedisce a tutto tondo di imparare di nuovo ad ascoltare la parola poetica, ma sono convinta anche che vi sia una Intelligenza che lavora perché questo accada utilizzando tutti i modi possibili. Modi estremamente intelligenti, che portano avanti tutto quanto deve invece essere impedito.

In che modo oggi il poeta viene dileggiato? Si dissacra, semplicemente, il suo operato. Dietro la battuta simpatica ad effetto, i luoghi comuni che appaiono innocui ma non lo sono in realtà nei loro effetti, dietro il cinismo con il quale si può prendere in giro tutti e tutto, ironicamente, perché l’ironia sembra essere un’arte raffinata, così però al contempo bonaria, rivolta al gusto della vita…; perché ci si deve anche divertire, insomma, non si può essere sempre così gravi, sennò siamo anche pesanti, non ce lo possiamo permettere, oggi siamo stressati, abbiamo bisogno di leggere cose leggere, lievi, la realtà è tanto brutale, ecc. , ecc..

E’ possibile dire che la poesia nasce da un percorso molto doloroso e talora meraviglioso e che la parola è espressione di questo cammino verso l’Armonia, la Fiducia, la Corresponsabilità? Che la poesia, se è vera perché buona e bella, crea Forze interiori?  Se la parola è creatrice crea parole che sono atti di forza, atti in potenza dell’interiorità. Questo processo creativo del poeta a lui è possibile, ma una volta che è immesso nel mondo, da ogni uomo può essere ricreato e vissuto interiormente.

E’ grazie al Pensiero Sovrarazionale che ciò accade e può ogni volta accadere. Non dove questo pensiero è morto, divenuto solo atto cerebrale, ma dove è vivo, dove può sempre rinascere perché si crea, si fa, diviene; in questo fluire non vi è soltanto questo pensare, ma anche il sentire e i sentimenti, il volere e gli impulsi volitivi. Vi è l’Uomo.

Non perdiamo, amici, questa umanità….

Questo sito, come gli altri, usa i cookies per offrirti una esperienza di navigazione migliore e per statistiche anonime. Proseguendo la navigazione, dichiari di esserne consapevole e di accettarlo.