Coraline e la porta magica Visto da Alessandra Vettori

Perdiana, che fiaba! Nera come la pece, non soltanto nuda e cruda, ma alludente a una forma di Male davvero inquietante….

Qualche spettatore aveva gli occhi stupiti, voglio essere sincera, nel guardare questo film d’animazione che provoca paura come qualsiasi fiaba nera di ultima creazione, ma lo stupore rende la visione agghiacciante per un motivo fantastico abbastanza innovativo e cioè i due bottoni neri che dovrebbero funzionare come occhi.

Ora, questi occhi che noi vedremmo in un orsetto di peluche come dolcezza infantile incorporata, qui nel film, appaiono strumento di una visione: si deve vedere nel modo che aggrada alla Grande Madre Nera, una sorta di Mamma Ragno terribile, che circuisce Coraline, bimba undicenne già dedita di suo ad attività magiche un poco insolite in una fanciullina, e vuole essere amata per forza da lei.

La trama del film è interessante, il romanzo di Neil Gaiman che ne sta alla base ugualmente; colpisce il voler imporre una visione interiore e obbligare l’altro ad amarci.

Ciò presuppone un concetto di Male altamente evoluto, che sta ad attenderci alle soglie della coscienza e supera di gran lunga il male che fino ad oggi molti di noi sono abituati a considerare e che funziona in relazione all’idea morale di bene e di male.

Si va oltre l’idea morale di bene e di male, si va oltre al male voluto implacabilmente e a questi due aspetti se ne va sostituendo un altro: volere l’annullamento dell’altro per fare vivere il nostro io, senza una motivo, soltanto per il piacere di poterlo fare.

Vogliamo ammettere la possibilità che un bambino, nella nostra epoca, debba crescere conoscendo il male attraverso la fiaba. Noi siamo uomini moderni e le immagini debbono necessariamente cambiare, se ne devono poter creare altre, perché i tempi sono cambiati, sono diversi. Il lupo, il mago, lo stregone ecc., possono essere benissimo sostituiti da un Aracnide Maligno e contorto, metallico, ferroso, come la nostra dimensione, basata sul ferro, l’acciaio e così via. Il ferro tuttavia non parla (a parte ne Il Mago di Oz), non ha una un’anima, non ha uno Spirito, mentre quello del film è astutamente intelligente, ha vita propria, vive rubando la vita, l’energia creatrice, la volontà. Come agisce? Come se su una fotografia si abbattesse a riprese e in modo continuativo uno spillo, fino a cancellare l’immagine e la sostanza dell’immagine, cosicché ciò che si è rubato non possa più essere ripreso e recuperato….

Beh, fermiamoci qui, per adesso. Posso soltanto testimoniare che l’atmosfera di angoscia cupa e di non ritorno e di caricaturizzazione della figura umana e l’inquietante inquietudine provocata dalla pellicola, rende confortante tornare alla propria realtà quotidiana, banale  e brutale quanto si vuole, ma dolce ancora nel suo poter esprimere umanità da tutti i pori,  anche quando, andati a letto, ci stringiamo al nostro cuscino e sappiamo semplicemente di poterci riposare dagli affanni e le difficoltà del giorno e della vita, sappiamo che il cuscino è fatto semplicemente di lana e di cotone,  ma il cuscino è morbido, oh, se è morbido.

Alessandra Vettori

Cari lettori, ricominciamo dalla terza puntata, capitolo primo, “Il fiore azzurro”

Sandro si riscosse dallo strano rimuginio, non sapeva se lo aveva inventato, oppure era vero; gli succedeva abbastanza spesso negli ultimi tempi e non sapeva perché.

– Guarda te se mi devo arrabbiare anche con il mio alter ego -. Decise, comunque, di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Aveva un buon sapore in bocca, sapere di volerla cercare malgrado tutto.E prima che il suo alter ego potesse dare inizio a  una polemica sterile,  decise di pensare intensamente a Konstantin.

Konstantin era arrivato  a Firenze negli anni ’80, voleva visitare la città, si era riempito la testa fin da piccolo di diventare grande e venire a stare in Italia. E infatti, appena le sue condizioni di vita glielo permisero, attuò il suo progetto e nonostante le proteste dei genitori, commercianti di legname di origine italiana, prese possesso della sua nuova terra.

Si fece molti amici, trovò un lavoro adeguato presso la polizia scientifica grazie all’aiuto dell’ambasciatore finlandese; un lavoro inusuale, non comune negli anni ’80 sia in Italia che in Europa, consulente spirituale, una sorta di ricercatore delle cause interiori che spingono l’individuo a produrre reato.

Konstantin ci teneva molto a chiarire agli amici che la sua consulenza non era una consulenza psicologica, ma qualcosa di diverso da questa.

Lui era intuitivo e non sensitivo, non provava sensazioni o percepiva sensazioni che peraltro il più delle  volte, negli esseri umani come lui potevano essere indistinte, ottuse, non definibili, sfuggenti anche se cariche di sostanza. Lui, connetteva intuitivamente i fatti che gli apparivano davanti così come li vedeva e le connessioni fra i fatti, che, avrebbe detto Goethe, non alludevano a qualcosa dietro alla teoria, in quanto “essi stessi erano la teoria”. Le connessioni di dispiegavano davanti alla sua mente intuitiva e davano il senso veritiero degli accadimenti, in tutti i suoi aspetti.

Fu così che Konstanti, dopo aver comprato una bella casa nel centro di Firenze, riuscì a sposare Stefania, figlia di un ricco imprenditore edile e a comprare una bella casa anche a Punta Ala, dove il clima è sano e salutare.

Aveva nostalgia della Finlandia e del suo paesaggio e del clima sano e salutare, ma la terra italiana lo tratteneva e gli chiedeva di compiere la sua missione.

Negli anni ’90 Konstantin divenne anche consigliere comunale e poi assessore alla cultura, sebbene continuasse a fare il consulente spirituale della polizia.

Nel 1999, in seguito all’eclisse, cominciò a fare brutti sogni e ad avere strani incubi e pensò di tornare in Finlandia per un breve periodo, almeno per far conoscere Stefania ai suoi genitori. Poi, era contento di rivederli, perché durante il soggiorno italiano, li sentiva per telefono soltanto due volte l’anno e le loro conversazioni erano davvero banali, quasi inesistenti umanamente.

Ma non vi arrivò mai. In Finlandia non arrivò mai, anzi, non ebbe nemmeno il tempo di pensare al suo paese natale. Una notte, mentre tornava a casa da una nottata trascorsa al lavoro in questura, notò qualcosa di strano… un’auto, a tutta velocità spuntò dal fondo della curva e siccome era piovuto per tutto il pomeriggio, sbandò perché il terreno era scivoloso, Sbandò con violenza e fece un testa coda due volte e ogni volta che si sbandava massacrava un’auto posteggiata sotto la sua abitazione, per un totale di 5 auto.

Sull’ultima, questa macchina pirata andò paurosamente con violenza tale da spingerla sull’inferriata del muro.

Sopra, ci era salita qualche istante prima Stefania, che era docente di lettere in una scuola secondaria di primo grado fiorentina e, come gli fu detto dopo, morì all’istante senza una giustificazione né un motivo.

Konstantin ebbe gli occhi lucidi di pianto e strinse a sé Stefania, ma lei non fece più ritorno.

Konstantin vide però l’auto che sfrecciava via con al volante un’ombra, senza una identità, piena soltanto della vita che si era portata via, piena di cause in cerca di uno o più conseguenze da stabilire.

E mentre il corpo esanime e insanguinato di Stefania venne portato via, Konstantin si sorprese a gridare.

L’ombra, nella sua mente intuitiva, aveva svelato per un caso che non è mai un caso, l’identikit dell’assassino.

(continua)

Capitolo primo (Il fiore azzurro)

– Scusami, detto così, i lettori non comprenderanno mai chi era Konstantin….

-Perché?

– Perché sei uno scrittore e devi scrivere, altrimenti che scrittore sei? Analizzo il tuo antefatto, così, tanto per parlare e per farti notare che insomma, devi stare un po’ più attento quando descrivi i fatti, emana dal tuo testo un vago sapore poetico che sciupa tutto….

– Non sciupa proprio niente, io il mio romanzo lo scrivo nel modo che più mi aggrada, se non ti dispiace.

– Certo che mi dispiace, sono TE! E’ un thriller o no? Non è un poliziesco? Non è forse un giallo? Hai detto con convinzione che volevi scrivere un giallo.

-Infatti.

– Allora i due eventi non possono coesistere, si rischia di generare un paradosso e se tutto diviene grottesco, ci potrebbero ridere dietro, tu sei un narratore oggettivo.

– Beh, sì lo sono stato, però pensavo che la visione fosse oggettiva anche se descrivevo un mondo che mi dicono non esiste. Per oggettivo si intende invece: “descrivere ciò che si vede con gli occhi. Né più né meno”.

– Io invece sono il tuo alter ego soggettivo. E ti consiglio di parlare anche di me, perché io sono molto importante nella tua vita e mi sono conquistato un ruolo di prima categoria, la mia maschera è reale, sono parte di te e dovresti trasformarmi.

Sei soltanto un prodotto dei miei pensieri, dei miei sentimenti, dei miei atti di volontà. Sono io invece a dirigere il corso della mia vita.

– E’ anche la mia, se permetti.

Vuoi smettere di chiacchierare? I lettori penseranno che sia un dissociato e un malato, invece io sto bene, io ho il controllo di me stesso, cioè di te.

– Non mi conosci affatto. Questo fatto che dialoghiamo, per esempio, lo trovi tanto normale?

Certo chè è normale1 Ogni essere umano dialoga con se stesso, monologa con se stesso, pensa e si ripiega in se stesso. Avviene tutti i giorni per milioni e milioni di esseri umani.

-Non ci trovi niente di strano, eh? Tu hai l’ossessione del problema del male, il male per te è una categoria ontologica, lo hai studiato da ogni punto di vista, ma non riesci a venirne a  capo. Perché l’uomo fa del male’ Perché è affascinato dal male? Sono alcune domande che ti poni ad ogni pié sospinto. Perché l’uomo ha bisogno del male? Perché il dio buono accetta il male?

– Tu vaneggi. Io non sono interessato al male, come dici tu, io rifletto spesso alle difficoltà e alle avversità in cui si trova l’uomo e soffro perché non vedo motivazioni nel male.

– Il sono il tuo Doppio, l’Ombra tua. Se anche conversare con me ti repelle, io pur ci sono e sono una tua creatura. Non puoi abbandonarmi.

– Non  metterla sul manicheo, abbi pazienza. Mi domando: male e bene sono due categorie opposte, tuttavia io sono dell’avviso che nell’anima umana ci siano il bene e il male, in un rapporto di uno a tre. E’ così, ne sono persuaso.

– Smetti con tutte queste illazioni, con queste speculazioni di bassa lega, tanto non importa ai lettori sapere cos’è il male, altrimenti leggerebbero un saggio di filosofia e non un romanzo.

– E durerà tutto così? Voglio dire, in uno scambio continuo di battute tra te e me.

– No, per niente, adesso me ne vado, torno più tardi con mio fratello.

– Ah, siete in due.

– Che pensavi?

Niente, niente, cominciamo dall’inizio, quando il personaggio principale, Konstantin, viene a in Italia da Helsinki, lui medico alle prime armi, laureato da poco, per vedere l’Italia che per lui è una fissazione e tu lo hai ucciso, perché ti ha rubato Stefania.

– Non ho ucciso nessuno.

-Invece sì.

– Sei un bugiardo. Non è vero che l’ho ucciso.

-Invece è vero e io ne parlerò. Tutti devono sapere di cosa sei capace. Tutti.

(continua)

Cari lettori, da oggi pubblichiamo a puntate il romanzo “Il fiore azzurro” di Alessandra Vettori (prossima puntata domenica 24 maggio), un thriller mozzafiato. Tutto comincia con il ritrovamento di un cadavere restituito dal fiume Vantaa, che sembra essere quello di un famoso medico. Chi ha ucciso Konstantin? Quale storia si nasconde dietro la sua vita?

IL FIORE AZZURRO

Antefatto

C’era il mare. C’era il sole, erano le diciotto e dunque, stava ancora alto nel cielo, però anche basso, perché era stanco e voleva andare a dormire.

Era estate e sulla spiaggia libera c’era qualcuno, c’erano parecchie famiglie.

E nel cielo, sereno, c’erano due nuvole.

Avevano una forma buffa: l’una aveva preso le fattezze di un grosso pesce con la bocca aperta che, muto, muovendosi, correva in avanti, verso est. Di fronte a lei, la nuvola che la rincorreva, era uno squaletto bello e aggressivo.

Mentre le forme delle nuvole mutavano, era strano, per chi guardava da sotto, vedere il mare in cielo e due suoi abitanti in alto anziché nelle profondità. Si aggiunse un’aquila fatta di bianco e di cotone.

Poi le forme mutarono ancora, sapete,  come fanno le nuvole, insomma le nuvole sono proprio come i pensieri, profondi e veloci, accelerati nel loro apparire e scomparire, alle volte. Alla fine presero il giusto verso e si modellarono l’una come una sogliola, piatta e quieta e l’altra come un gasteropode. Non si affrontarono, ma si guardarono in silenzio; si contemplarono in silenzio; in silenzio si dileguarono.

E l’esile filo di fumo che era rimasto in cielo si disfece e si rarefece e tutto parve eterno , come se il Tempo nascesse in quel momento e si guardasse intorno. Alla fine il sole si stancò una volta per tutte e decise di dormire scendendo lungo la via o linea dell’orizzonte che sembrava davvero morto a tutti i bagnanti, ma non lo era.

Ora, il sole andava apparendo a tutti come una grossa lanterna rotonda e leggermente schiacciata ai poli. Quando la lanterna stava per scendere sulla linea dell’orizzonte ed era vicinissimo ad essa, passò in lontananza una grossa nave e si mise in mezzo tra il sole rosso amaranto-arancio scuro già quasi tramontato del tutto.

Faceva impressione più che se fosse nera, quell’eclissi rossa.

La nave stava sotto e la lanterna rossa, ferma, appesa nel cielo, sopra.

La nave passò oltre, il sole si sentì finalmente libero e cascò giù senza troppi complimenti fino a scomparire completamente.

La penombra sembrava aver la meglio , però non era così: nel cielo volavano gli albatros e fissavano, nel loro volo, sott’acqua per vedere bene i pesci.

Non avevano fatto caso che nel cielo dove loro erano i padroni, le nuvole erano come pesci e nell’acqua, o almeno, sulla sua superficie, c’erano solo le immagini riflesse delle loro ali. Certo, erano uccelli, anch’essi pensieri alati pensati dal Cosmo e creati, fatti di luce e di ombra, di necessità e di libertà. Perché tutte le immagini, a un certo punto di quella creazione , vivono e si moltiplicano e generano un mondo , un universo, come una galassia lontana.

Le nuvole, gli albatros e i pesci possono riempire questa mirabile galassia, sprizzando, mentre agitano le acque del cielo o del mare non importa, nebulose grandi e colorate che costituiscono immense cavità vuote e nuove, vortici impazziti all’inizio che diventano poi vuoti e calmi.

Soprattutto vuoti. Soprattutto calmi.

Era notte adesso. E c’erano le stelle e qualche nuvola veniva illuminata dalla faccia ridente della luna.

E le nuvole, adesso, stavano appese nel cielo davanti alla finestra della mansarda di Konstantin e cambiavano forme di nuovo.

E una stella parlò e richiamò Konstantin a sé, giacché era morto. E il troll del bosco lo sapeva e anche il vecchio marinaio con la pipa lo sapeva e la stella stava davanti alla finestra della mansarda di Konstantin per avvertire tutti in paese che era accaduto un fatto terribile.

Ed è qui che comincia la nostra storia.

Da una grande e unica lanterna magica del cosmo, dove la tundra fa tacere tutto e il muschio agita lievemente il ghiaccio freddo.

Sì cari lettori, qui inizia la nostra storia, quando il fiume Vantaa riconsegnò, dalla campagna gelata, il corpo esanime di Konstantin, che era stato ucciso non si sa da chi e nemmeno perché.


Andrea

Sei il mio mentore.

Conosco l’intima storia

che parla di te:

immensa statua di Cheope,

Simone di Cirene,

Paracelso,

Schiller.

– “Intendo, di quelli conosciuti” -,

potrei narrare ancora,

ma mi fermo,

altrimenti poi tu ti confondi

e non vedi più nitidamente

l’Amore che provo per te,

che ti porto,

silenziosamente.

Siamo talmente uniti,

che il pensiero è Luce circolante,

irradiante, viva, rilucente,

anima, Io, corpo.

Fin da piccola e

dalla nostra infanzia,

ho tenuto il ritratto del cuore

che m’hai dato,

mai l’ho perduto, l’ho dimenticato.

L’ho tenuto, così, per te,

come una fedele sorella,

perché sapevo

che volevi peregrinare per il mondo.

Adesso ne hai bisogno,

te lo rendo, il ritratto dorato

di un bambino felice,

innocente,

virgulto d’Amore e Conoscenza.

Rammemorante il tuo cammino,

non fermarti per nessun motivo,

dillo a chi ti circonda:

basta!

E’ battesimo di libertà,

il cuore del Christo,

nel tuo,

simbiosi onniscente.

Lo so soltanto io

il tuo bel segreto

e nelle cerchie oscure

ucciderti non è più possibile.

Il miracolo reclama

l’Essere Tuo.

Dimensioni ignote di Eugen Galasso

“Stava rimuginando, come al solito, sempre con rancune. Rimeditava occasioni sprecate, progetti(non suoi, per carità)abortiti/falliti, spesso miseramente. Le lame crescevano, gli si avvicinavano. Nei bagliori funesti vedeva qualche orribile ricordo, ma anche qualche cosa di più noto, di forse meno orribile. Fremiti d’amore, “ricordando con rabbia”, ragli di subida hasta el cielo, lonely chissà che cosa, conversazioni nobili(non nel senso aristocratico-corrivo del termine, pur rivendicando l’aristocrazia against the king and the queen, non solo per il gioco-play/struggle dei poteri tra loro), importanti, anche campali-ferali, ma comunque la nbolità del confronto, di diverso tipo.  Certo, la memoria gli faceva brutti scherzi: la grandezza di Lenny Bruce(sentito solo una volta in TV-film con Hoffman, ma anche in una pessima registrazione acquistata chissà dove), grande”comico” politically incorrect, le rampogne di zio Tim(Timothy, letto per intero), psicologo”anti”, scopritore non chimico e “profeta” dell’LSD, il comico-grottesco del”Negro Palomino”, eterno e formidabile “pornografo”(anche in senso letterale)coomibano,  in realtà autentico deletor mundi, con le sua ferocia verso negri, gay, derelitti vari, in realtà potenzialmente implosivo di tutta una realtà basata sulla finzione. Ancora Willy Reich, il “rivoluzionario”di SEXPol si confondeva con Cohn- Bendit, leader Sessantotto(tutta roba raccattata dopo, che peccato-o forse no?), Mishima, l’imperialista giapponese, ultimo” Savonarola”di Tokyo, i pochi politici che sopportava, scandalizzando beninteso tanti/e politically corrects, certo, loro… Di tutto un po’, nel’affiorare stentato di ricordi, da Machiavelli a Basilide, da Baudelaire a Marcione(il passo non è poi così lungo o no?), da Hèrmes Trismèsgistos a … beh, perché poi affastellare tanti nomi? Le lame lo accerchiavano, ma alla fine una luce… quella del divenire ser solo pneumatico, pura spiritualità disincarnata, altro che”resurrectio carnis”, come da dogma ricevuto… Da “traditore”(???) a “liberato”, almeno in parte… Non più assalti assatanate montanare, non più hjieputas conclamati minaccianti, mai più-neppure questo poteva dispiacergli, certo, artisti falliti e”impazziti”che chiamavano a qualquier hora de la noche(“Ti, sio can…””Sell net, hostia, i hon koa Zeit”,  “Putain de borgne, non, je ne peux pas, je vais te le dire un auautre fois, vache!”  “Maremma, un rompere… Se rompi un altro pohettino, vo’ hiamare la madama” “Shit, fuck you!”, il sempre pensato-mai detto, al massimo sussurrato-“Chi non è ipocrita scagli la prima pietra”, forse espresione mai detta… ). Certo non lesinava rancore nei ricordi(“Ricordando per rabbia”, appunto, Osborne, appunto), ma desormais non c’era più bisogno, s’era liberato dai tormenti formicolanti, dai dolori della”caro”, del”sarx”, per attingere dimensioni ignote. “Multicolori, chiedete?”Chissà (Eugen Galasso, 09/04/2009)

Arte

Perché dici menzogne e poi

guardi la Bellezza?

Non posson coabitare le contraddizioni;

ovvero, potrebbero,

dovresti però accettare la guerra

in te stesso, con te stesso

firmare una pace vera e duratura.

Buona Pasqua, amica mia:

le falsità che dici,

erano eterne verità

quando facevi bene

il sacerdote egizio.

Oggi torna con te alla ribalta

e vuole tutta averti

per sé:

sembra uno Spirito Ritardatario

che vuole annnullare l’esser tuo.

Tu, no, non glielo permettere

e grazie alla Bellezza

che hai dimenticata

ricorda e ritrova i tuoi fratelli.

O rimarrai da sola

in questa Pasqua.

Cari lettori, una buona pasqua…, con qualche racconto dell’amico Eugen Galasso

“Ma sai, tutto mi pare così strano!” “Che cosa intendi?” “Ma tutta questa gente vestita… Da noi no, ci si spoglia appena possibile, beninteso rimanendo casti. Poi, però, quest’abbigliamento così casual, ma tutto in giacca e cravatta…”  “Ma sei in acido?”   “Non so che cosa tu intenda. Pensavo solo che…”(erano tutti e due relativamente ben vestiti, quello cui tutto pareva strano si muoveva bene, con scatti talora felini, altre volte controllati). Altro tratto di strada da coprire, tra ricordi dell’uno e speranze proiettate sul futuro dell’altro, più giovane(almeno così sembrava). “Vedi, io non so, veramente non so, come si debba e possa fare”, “Che cosa, però?”  “No, non so come uscire da questa situazione” “Quale?” “Ma da questo mondo!(stava iniziando ad agitarsi, con movimenti incontrollati, con una batteria di tic impressionante) non so come liberarmi”  “Da che cosa, scusa?”  “Dal mondo, dai suoi orrori. Da gnostico, ritengo che siamo stati gettati/e nel mondo della pura materia infame da un eone maligno…La vera liberazione, invece…”. Si era intanto liberato dalla sua scomodissima postura, alzandosi e facendo un giro in mezzo al verde. Ballonzolava, girava, non sapeva stare in un posto, visibilmente anche la natura(i suoi odori, forse)lo disturbavano.  “Ma tu sei un nevrotico, lascia perdere tutto, allora, tira le conseguenze e ucciditi. Col veleno, meglio, dato che in realtà sei una femminuccia” “No, vedi ammazzarmi no, farei il gioco del”mauvais génie trompeur, come direbbe Descartes… ” “Ma sei insopportabile: in primo luogo non ho capito nulla della tua citazione(era francese?). Poi…A questo punto, sarebbe meglio che tu traessi le conseguenze dai tuoi furori”. “Furori, no, io sono un debole. Solo che non sopporto questa condizione. L’essere gettati così in questo mondo vergognoso”.   Sembrava un indemoniato, all’altro, però(ché, al momento, altri non erano in giro):si muoveva come un”forsennato”, come se gambe e braccia(ma non solo, ogni parte del corpo, in realtà)fossero catene di ferro,  blocchi di marmo o simili. Sarà il deleuzian-guattariano”corpo senza organi”? Sicuramente il nostro qualche problema ce l’aveva, ma… “Non ti capisco, che cosa ci stai a fare in questo mondo, allora, se la pensi come hai detto, cazzo?” “No, devo passarci attraverso, come un nascondiglio da cui uscire; non sono platonico ma gnostico, quindi l’immagine del carcere non m’interessa per nulla, direi un labirinto di cui devo trovare l’uscita”  “Mah, un bischero così non pensavo di conoscerlo e frequentarlo. Ma guardati attorno, Maremma! ”    Il bon vivant s’era distratto per un attimo, intento com’era alla contemplazione di alcune ragazze in bikini, sorseggiando un liquido marrone, palesamente alcolico. Ma nel frattempo il suo”amico”s’era come smaterializzato, comunque era scomparso dall’orizzonte del percepibile-percepito. Mentre il b.v. venne chiamato, avvertito: “Signore, ha visto il suo amico… é volato via, non è più tra noi. Beh, ma allora… ”   “No, non c’era, non era lui, per meglio dire”. E il”nostro”almeno un po’sorpreso era rimasto, pur oscillando tra aspettative, speranze, desideri, certo tutti declinati in maniera oltremodo ilica.   E l’altro?Asceso, ma dove? Non è dato saperlo.     (Eugen Galasso, 1-3 marzo 2009)

Difficile est saturam non scribere(Giovenale):                Molto stanco e debole, lo era sempre, invero. Ma osservava e cercava di captare. I discorsi della gente(“Non ci sono più le stagioni di una volta” ,”Ah no, sa, ma io…”(versione edulcorata e più moderna del fumigante”Lei non sa chi sono io”), oltre a qualche riproposizione meno esplicita del”Quando c’era Lui, caro Lei…”(ricordiamo comunque Genova-Bolzaneto, luglio 2001, con alcuni membri-sì. oggi si può dire, mi confermano da studio…- comunque agenti della P.S.con la loro orribile rima”Un, due, tre, viva Pinochet!”), quelli di chi vorrebbe attingere un livello più alto di conoscenza(“Ma sai, a dire la verità, ogni proverbio è cretino. In effetti è solo l’ipostatizzazione cristallizzata di idee ricevute. Aperta parentesi(e mai chiusa?): “Non capisco come possano esserci cascati anche….    che sostengono, pur se con varie sfumature, essere i proverbi invece l’epifenomeno strutturato di apotropaismi condensati”etc.)”.  Certo, era diventato uno spione, un voyeur, anzi no, un vivisecteur, un écouteur morboso, un fonemaniaco, che poi i suoni li campionava, li de-strutturava, cercando di coglierne accenti e risonanze particolari(“Ma come, ma rispetto a che cosa?” verrebbe da chiedersi/gli). “Ci vorrebbe un’altra guerra, non pensi?Unica igiene del mondo, ricordi?”(signore abbastanza vecchio)”Ma il problema non esiste!Lo si butta fuori e basta. ”    Frasi staccata, direte, certo: ma lui no, non si accontentava di ciò, voleva scoprire il lato nascosto, la verità sottesa, il”fil rouge”che secondo lui percorreva tutti i discorsi del mondo, al di là delle differenze individuali tra una persona e l’altra, tra un libero battitore e un militante politico(de re publica narratur), tra un  ateo, un agnostico, un credente”normale”e un fervente, un duro e intollerante, alias bigotto, un”credente in altro”(de religione), tra un Bolognese e un Romano, un”Padano”e un”Terrone”(de re geographica), un estroverso e un introverso(de cerebro et non solum), etc.etc., tra un “ignorante” intelligente, un ignorante e basta, un intellettualoide, una persona intelligente e colta, ma non spocchiosa e altre sotto-categorie(non diremo specie…, ché la tassonomia verrebbe ad essere coattiva). Ancora casi, cose da osservare, ma lui era sfinito, a livello di linguistica sperimentale, ma anche e soprattutto delle sue deduzioni ormai sempre più confuse e generalizzanti. Stanchezza, risentimento contro il mondo, astio personale(“Ma varda quel lì, porco D…., quando che gìha da cagar, caga, quando l’magna, l’magna, quando l’ciava, l’ciava”), perché l’ansia di generalizzare e di ricavare il filo logico portante era comunque grande, ma mai disgiunta dalla volontà di osservare, di mettersi nei pertugi osservando, ma non necessariamente con gli occhi. E allora, per non cadere nello sconforto, nella malinconia, nella”tendresse”para-depressiva(“Fiat justitia, pereat mundus!”), era ormai quasi favorevole alla cattiveria, ma il più delle volte tendeva alla satira(” La signora X è così magra che si potrebbe percorrrela con un grissino ” “L’onorevole…   fa discorsi talmente lunghi che si addormenta lui stesso, prima d’averli terminati”  “La magistratura è un luogo serio e di persone molto equilibrate; ma certo, sì, in particolare quel grandissimo giudice che, avendo a sua volta ucciso, indaga 20 persone per omicidio(casi diversi, ovvio)ed è a sua volta indagato, ma per intercettazioni telefoniche abusive”).  Non è che queste frecciatine lo portassero alla felicità, semplicemente gli rendevano un po’più facile, no, diremo meglio meno orribile la vita…   Che poi la satira sia sempre di destra, come si ripete, con e dopo PPPasolini, è questione altra, che qui non facciamo entrare nel gioco. Altrimenti non ci si districa più…     (Eugen Galasso, 4 marzo 2009)

“$XYZ”(Raccontino di/da poveri lazzeri?):                                                 “”Acephale”di Georges Bataille: testimonianze contraddittorie, tra Pierre Klossowski e Michel Leiris; certo non solo rituali sanguinolenti, non tendenze nazi/fascistoidi.Certo, non sono uno specialista, ma qualcosa ne capisco, sicuramente”.    Voci di fuori e di dentro-cioé espresse o inespresse-ma anche una bordata di fischi, con una volontà non certo velata di protesta: “Non si capisce una fregna, se non ci spieghi che cos’era”Acephale”, chi erano Bataille , Klossowski, Leiris!”. Sudava, il relatore, che stava parlando già da un’ora e mezza, non reggeva più neppure il microfono, fremeva sulla sedia. Finse di riaggiustarsi sulla sedia, di continuare: “Ma è ovvio che cosa intendo, non credo di dover dare spiegazioni ulteriori”. “Ma allora prosegui pure…!”. Il tono era di tipo intimidatorio, assolutamente minaccioso. Lui stava sudando, era furibondo, ma doveva reprimere la rabbia per cercare di rispondere: “Ma…(balbettava, invero)Acephale era una sorta di gruppo iniziatico, secondo il quale la realtà era da vedere diversamente, extra schemi mentali corticali. Naturalmente, il tutto si inseriva in una realtà difficile, quella…” . Era stato sommerso da una bordata di fischi. “Te faccio vedé io che cosa è”Acephale”. Ancora una parola e.. Fuori!!!”Gli avevano intimato di andarsene e lui, che non era se non un Don Abbondio studioso(il”Carneade:chi era costui?”non gli sarebbe sfuggito, certamente). se n’era andato, scusandosi con gli organizzatori. Nel taxi che lo riportava verso casa, poi, le intermittenze non del cuore. Operazioni, ricordi di degenze ospedaliere, di quando era andato a scuola nonostante il consiglio del medico, sentendosi male(una volta da scolaro, la seconda da prof.-entrambe la cosa era andata a finire abbastanza male, con un quasi ricovero ospedaliero, l’altro comunque con una lunga degenza a casa…). Altro che”Peggy Sue si è sposata”di Francis Ford Coppola o come diavolo si chiama il film… Freddo, rabbia, nebbia, pioggia: avrebbe avuto voglia di qualcosa di “proibito”, ossia di un po’di quelle pasticchette che ogni tanto… Ma non era riuscito a trovarne. Allora s’era infilato a letto, iniziando a sognare… ” . Una vera”que^.te”onirico-fantasmagorica, con belle ragazze sorridenti-soffianti, simboli gnostici(la contraddizione è umana, del resto non era un”dio”o ciò che per esso s’intende…), manco qualcosa che potesse vagamente richiamare la pietas cattolica. Del resto, uno che parla di temi quali quello accennato sopra…Che simpatia dovrebbe avere, in  particolare  di per sé a favore della religione organizzata e codificata-imposta?  “In the armee now”dei Ballard Brothers(1987-1988), cantata-suonata dai”misters two notes”” ossia gli”Status Quo”, gruppo inglese fondato dall’anglo-italiano(o italo.inglese)Francis Rossi(non a caso composizione non loro!)e”When the music play”. Ricordi, come”La iguana tomaba cafè a la hora del té”etc., tutti musicali. Ma non scomodiamo Proust e le sue intermittences du coeur… Il giorno dopo, un po’, anzi di notte, introducendosi di soppiatto un fanatico religioso(non diremo di quale confessioneo gruppo ecclesiale di riferimento, ma del resto tutti i fanatici, in specie religiosi, più o meno si equivalgono!), insomma ut fur nocte, si introdusse in casa sua e lo uccise nel sonno, accoltellandolo. Dicono non abbia”sofferto”…    (EUgen Galasso, 5 -6 marzo 2009)

Comme une hierophanie, je crois:     C.un hierophanie, je crois. Une vraie défaite, bien su^r. Se continuassi così, molti lettori, credo, “lascerebbero il campo”. Fatto sta che Oriano, vero schiavo della tecnologia, ora si rifiutava anche solo di accedere al Gran Mediatore. POi, certo… Per non dire d’Eufrasio, “A E I O U”, ripeteva facendo esplodere ma anche implodere le vocali, il Mattatore in”Anima persa”di Dino Risi, dove appunto maciullava il nome contenente tutte le vocali. Un’aria da Gavroche, travestito da Bene-Gassman-Coluche(ma come sarà mai, quest’ibirido ircocervo?), nel trattato mai scritto da Deleuze e Guattari, “Per una schizoanalisi in-organica”, con Deleuze sonnecchiante-sorridente/sornione, Guattari assorto(“Mais je n’sais pas, mais non, c’est bien un re^ve”), Derrida convocato che non sapeva di quale “spettacolo”si trattasse, un po’scombussolato, dunque… “La crisi fa paura, nevvero?”Ripeteva Gianluca, “allora infeudatevi”, proseguiva, poi. “Ormai non ci sono più speranze, neppure implose”, diceva, anzi ripeteva ossessivamente.  Ne trasse tutte le conseguenze del caso e… Donly risuonava, il ticchettio degli orologi(?)faceva la sua parte. Ora, completate voi, però, seguendo le indicazioni di Lautreaumont, se volete(Maldoror, ma non solo)oppure di Queneau oppure di chi volete voi… (Eugen Galasso, 23/03/2009)

Parlava, il Tempo, di se stesso

Parlava, il Tempo, di se stesso,

ma nessuno l’ascoltava, mai.

Lui, sorridendo s’inchinava

e domandava a tutti, l’ attenzione.

Ma nessuno ci badava, mai.

Parlava, il Tempo, di se stesso,

come se non avesse udito le proteste,

come se niente fosse stato prima di lui,

ci fosse stato o avesse respirato.

Era unico il Tempo e di poesia

nutriva la sua nascita,

la vita eppoi la morte.

E della visione della coppia sacra

si beava,

                                                                    era una coppia inconfondibile

aveva ragione di ogni usurpazione

tutti i veli di falsità

cadevano sul suolo

mostravano se stessi

vili e triviali morivano.

E tutto questo avveniva

in un lontano esserci

e di se stesso, il Tempo,

s’innamorava, alla luce

leggera della Luna,

nello splendore irradiante del Sole,

nello specchio del Cosmo

vedeva il Tempo che suo padre,

Saturno l’anziano,

imprimeva nelle stelle,  la vita.

Parlava, il Tempo, di se stesso,

ma nessuno lo ascoltava, mai.

Era davvero Bello nel suo scorrere

Unito

ai tuoni, ai fulmini,

alle folgori.

Adesso invece è proprio stanco,

vive nei termometri e nei meteo

e tenta continuamente di scappare

dai pugni che vogliono tenerlo.

E’ scolpito, una musica corale,

un’armonia di note universali

nel Disco di Festo.

Discendono le anime degli Uomini

dai Cieli Superiori

passando attraverso le pieghe

della veste del Tempo.

Alessandra Vettori Maiorelli (Da Graal)

Restano di te le orme

Restano di te le orme

che ho trovate, immemori,

nella città inselvatichita,

che ansima, come un grosso animale.

Le case devono essere fatte di forza vitale.

Restano di te le orme,

dalle quali ci si può fare un’idea

di come tu, cammini, vai.

L’intensità del passo, la misura, il peso

con l’equilibrio, incedono, sul suolo,

ci regalano, armonie e disarmonie, piccoli

salti nel vuoto, docili corse,

statiche movenze quando c’è silenzio

nella volontà delle membra, se si dorme

oppure si riposa, all’ombra.

Ecco musica nuova sento e poi odo

con le mie orecchie: mi dicono le note

di vite trascorse e di esperienze

vive, rassicuranti, calme o veloci,

naturali, simili nelle forme,

a decise nervature delle foglie.

Ha importanza che siano

verdi o secche?

Io nelle tue orme

vedo innalzarsi nell’invisibile

velo dell’aria e della luce

le tue timide ali.

Le vedo solo io, ne sono certa.

Non è più necessario il loro andare,

dici tu, tanto tutti dicono

che non esistono.

Che t’importa,

se voli?

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