STORIE POETICHE DEGLI ELEMENTI NATURALI CANTATA DA MESSER LINGUAGGIO

CAPITOLO PRIMO –

 

 

 

 

 

C’era una volta, ma dove fu?

 

Non forse dappertutto?

 

C’era una volta, dicevo, un Uomo.

 

Quest’uomo voleva sapere tutto sulla nascita dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco e della Terra e anche tutto di un’altra sostanza assai strana che si trovava in questi elementi, ma era invisibile e nessuno aveva il suo Nome.

 

Voleva sapere tutto questo e quindi aveva tante domande fare. Non sapeva però chi avesse le risposte e pertanto decise di compiere un viaggio.

 

Nello spazio, direte voi?

 

No. Molti uomini ci avevano già provato prima di lui e non erano arrivati a nessuna conclusione accettabile.

 

Nel tempo, allora, direte!

 

Nemmeno.

 

E allora dove lo fece questo viaggio, domanderete voi?

 

Reggetevi forte: lo fece all’interno di se stesso!

 

E come si fa a fare un viaggio di questo tipo? E’ una faccenda assai singolare, non c’è alcun dubbio, tuttavia è vero, com’è vero che io sono qui e vi guardo e vi ascolto.

 

Bene, adesso vi spiegherò che tipo di viaggio fosse quello, perché non era mai accaduto che  qualche essere umano ne facesse uno simile.

 

Magari penserete che quest’Uomo trovò il modo di entrare dentro se stesso, facendosi più piccolo di una formica, oppure che la sua mente si fosse talmente dilatata da immaginare e realizzare all’istante di essere dentro il proprio corpo.

 

No…, no…, siete davvero fuori tema.

 

E per aiutarmi ad aiutarvi, fate così.

 

Prendete, mentre avete questo libro davanti a voi, un foglio bianco e matite o acquarelli – se li avete -.

 

Ricordatevi che stiamo costruendo un libro assieme. Certo, griderete un po’ sconvolti, il tuo libro è stampato!

 

E che vuol dire, rispondo io! L’importante è che dopo aver letto, si “faccia” qualcosa, che ciò che si è pensato, lo si possa tradurre in colore o in disegno o anche in musica.

 

C’è infatti qualcuno che possa impedirvi di cantare o di inventare un motivo musicale mentre dipingete? Suvvia!

 

Prendete quel che vi ho richiesto, dunque, e…

 

 

 

ANDIAMO A INCOMINCIARE…

 

 

 

 

 

Per grazia, fintanto che non comincia il capitolo secondo, disegnate l’Uomo che cercava gli elementi naturali e soprattutto Colui che gliene avrebbe chiarito il segreto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO SECONDO –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uhm, siamo rimasti  a che tipo di viaggio fosse questo strano viaggio, già, sì,ehm, per l’appunto, un momento che raccolgo tutte le idee che mi frullano in testa senza un ordine né un ritmo, in un punto solo, cercando di lasciare padronanza alla corrente del mio pensiero.

 

Ecco qua, ci sono riuscito.

 

Bè, si potrebbe pensare che fosse un Maestro che l’Uomo cercava per rispondere alle sue domande.

 

E’ giusto, era un Maestro!

 

Non un Maestro di ciccia, voglio dire una persona o un essere umano. Nemmeno una statua o un’immagine.

 

Che cosa, domanderete voi?

 

Un Maestro sempre in movimento, uno che non si ferma mai e che anche fisicamente non è mai uguale a se stesso: Pensate, mi riferisco al GENIO DEL LINGUAGGIO!

 

Nooo???? Non lo conoscete personalmente? Com’è possibile?

 

Dovete fare subito questa conoscenza, è importantissimo che ciò accada, perché capirete che se non prendete conoscenza con questo Messere, non potrete seguire il filo delle domande che l’Uomo gli pose sugli Elementi Naturali.

 

Cosa?

 

Cosa?

 

Non è possibile secondo voi, parlare da soli con il Linguaggio?

 

Per quale motivo, scusate, dico io!

 

Perché il Linguaggio parla sempre delle cose, mai di se stesso!

 

Già, in parte è vero. Messer Linguaggio è timido e riservato ed è un Signore modesto, che non si dà affatto delle arie e ha sempre un motivo se spiega il perché delle cose.

 

Ma… colpo di scena! L’uomo, che si era l’Uomo Universale e si chiamava ABCDEFGHILMNOPQRSTUVZ…

 

Sapete un po’ che fece?

 

ABCDEFGHILMNOPQRSTUV  chiese al Linguaggio un solo perché e poi… solo ed esclusivamente  come, come, come, ecc., fatto questo abbastanza raro.

 

Il”Come” gli interessava più del “Perché”.

 

 

 

Adesso lavorate sul foglio ed aiutatemi ad illustrare questo libriccino.

 

Fate, se vi riesce, un disegno dell’Uomo e del suo nome come se pronunciaste ogni consonante o vocale nello stesso tempo.

 

 

 

Impossibile, aggiungerete voi, e lascerete sole le vostre matite.

 

 

 

Non dite: non possiamo farlo, non ci riesce.

 

 

 

Dite: Ci proviamo con entusiasmo e amore, può darsi che ci riusciamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO TERZO –

 

 

 

 

 

 

 

Entriamo dentro alla parola ACQUA o AQUA o AQWA e vediamo un po’ cosa ci troviamo:

 

Nella A ci appare tanta meraviglia di fronte a un elemento tanto bello, perché l’acqua, al vederla è quieta e calma, eppure è sempre in sonoro movimento e anche la prosa con cui la stiamo descrivendo diviene ritmica, diviene musicale.

 

E’ davvero meraviglioso contemplare il movimento dell’acqua che fa scorrere l’elemento in avanti  e in questo scorrere, vi è come un contenitore che la regge invisibilmente e non la fa strabordare, anzi!

 

L’acqua trasparente e cristallina cammina lungo un filo invisibile che non permette che esca ai lati: questa forza strana che la trattiene e la incanala facendola fluire sempre uguale a se stessa e al contempo mai uguale a se stessa, questa forza strana e misteriosa , che si esprime nella C  ed ecco una immagine dell’acqua: quant’ è leggera!!

 

Leggera e invisibile, corre sinuosa, nasce dalla roccia e scappa via verso la pianura e diviene torrente, diviene ruscello, diviene fiume, e lago e mare e oceano e…

 

E tanti altri eventi ci narra l’acqua con la sua C , fatti della sua vita dal principio della storia; il senso del movimento, di ciò che non si ferma mai, non ha tempo per riposare.

 

Lo sapete, bambini, che cosa diceva un saggio antico sull’acqua? Diceva: “Nessuno può bagnarsi due volte nella stessa acqua” e questo, che  vuol significare?

 

Che l’acqua non è mai uguale a se stessa, pur restando sempre acqua. Difatti, se faccio un tuffo nell’acqua, nell’attimo in cui mi immergo in essa, già quell’acqua è andata avanti, non si è affatto fermata.

 

Che rompicapo, direte voi! E’ una faccenda molto complicata….

 

No, no, non vi preoccupate.

 

E’ lieve l’acqua, non pesa certamente, soltanto questo dovete immaginarvi!

 

Fa sempre la cura dimagrante e non vuole certo ingrassare.

 

Non crediate che sia leggera e magra solo perché vuole essere guardata e ammirata, in una parola, essere bella.

 

Lo fa perché l’acqua ci tiene alla sua salute, a essere sana, limpida e pulita e non vuole ammalarsi mai, ecco la verità.

 

E la U che accompagna la C che ci sta a fare, chiederete adesso voi? Che sta a significare?

 

Fate un altro piccolo sforzo di attenzione e vedrete che l’essere dell’acqua non è sempre caldo, altrimenti sarebbe il calore del Fuoco.

 

Del Fuoco, invece, parleremo più avanti.

 

Adesso concentriamoci sulla U e sentiamo che veramente, quando la pronunciamo nella parola ACQUA, nasce l’immagine di ciò che raffredda e irrigidisce. Quante volte entriamo nell’acqua per bagnarci e avvertiamo freddo e diciamo brrr…, brrr….

 

E finalmente l’acqua diventa calma calma e fa come… fa come…

 

Hai visto quando tu vuoi fare qualcosa? Provi a fare un’azione e poi ci riprovi e se non basta ci riprovi ancora finché non viene bene.

 

Anche l’acqua è un po’ flemmatica, sai. Che significa “flemmatica”, ti stai chiedendo?

 

Vuol dire che non ha fretta, però va, va e non si ferma quasi mai.

 

Scommetto che non conosci il vero nome dell’acqua. Ebbene, il suo vero nome è…l’Angelo, una sua ala ad esempio, oppure la veste, o il bel volto sorridente.

 

Lui è l’acqua e quando un uomo fa un’azione nel mondo dovrebbe sempre dire: “Affido a te questa azione, o Angelo, fanne derivare tanti buoni frutti per il mondo”.

 

Quindi, è vero che l’acqua che è inodore, insapore, incolore, però è una parte di un Angelo e perciò…i n v i s i b i l e !

 

Credo di averti fatto un pochino meravigliare, ma non è tutto qui!

 

Lo sai infine chi fa trasformare l’acqua in vapore e il vapore in acqua; l’acqua in ghiaccio e il ghiaccio in acqua; l’acqua in neve e la neve in acqua?

 

E’ l’Arcangelo.

 

Bene, prova ora a disegnarli, così come li vedi tu.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO QUARTO –

 

 

 

 

 

Entriamo a visitare l’ARIA.

 

Ci stupiamo davvero quando guardiamo la prima A; poi, facendo attenzione alla R  che la segue, sentiamo profondamente che sta girando qualcosa, che fa come una ruota e questo elemento vuole persuaderci che in se stesso  vi è un’essenza che non è ancora rotonda, ma che vuole arrotondarsi.

 

E perché vuole arrotondarsi? Perché l’aria è un soffio di Dio, è IL soffio che avvolge tutto, che penetra in tutto e sta in tutto, sta anche fuori.

 

Un altro bellissimo Mistero, eh?

 

Sì.

 

Il Mistero dell’ARIA tuttavia continua, intende rivelarci ancora qualche cosa di importante.

 

Di veramente interessante!

 

La R difatti si unisce alla I, sembra quasi che voglia sposare questa vocale. Ciò accade in quanto la I porta dentro le cose l’essenza dell’aria, le guida internamente nelle cose del mondo.

 

La I soprattutto porta l’essenza dell’aria fuori e dal centro di sé conduce il soffio alle cose. Prima dunque alla cose e poi dentro di loro.

 

Ecco perché la I ci richiama un braccio che si stende e si estende, scusate il gioco di parole.

 

E l’ultima A, direte voi, è uguale alla prima?

 

No di certo, dico Io.

 

Il suono dell’ultima A serve ad afferrare l’essenza del soffio come la prima.

 

Però la prima A lo prende, lo accoglie e lo dona alla R che lo porta a chi ne ha bisogno, a tutte le creature viventi che respirano.

 

L’ultima A afferra il soffio che tutte le creature viventi hanno respirato e lo comunica alle piante.

 

In questo modo ti ho anche spiegato come mai le lettere non stanno mai da sole, ma hanno piacere di stare con gli altri.

 

Anche quando esclamo: Oh, Ah, Ih, Eh, Uh, si cerca la compagnia dell’H sebbene sia muta.

 

 

 

Vedi, mio gentile lettore, Messer Linguaggio unisce tutti gli uomini: quando c’è lui, gli esseri umani coltivano una virtù fondamentale: La Fraternità.

 

Cero, è opportuno spesso fare silenzio, ma sapessi quante cose si possono dire stando zitti. Si parla davvero, lo stesso.

 

“Il silenzio è d’oro” dice un proverbio assai simpatico; noi uomini dobbiamo imparare a far silenzio. Questo ci aiuta a utilizzare le parole con amore e non a vanvera e nemmeno creando i luoghi comuni, le frasi fatte e le battute, dove lo Spirito viene allontanato.

 

Ancor più però dobbiamo imparare a parlare, perché parlando preghiamo.

 

 

 

Su, non farti pregare, disegna, se puoi il vento che stormisce o fa ondeggiare e scuote provocando un movimento e riconosci l’Angelo che vive nell’Aria e l’Arcangelo che lo fa andare dappertutto, nello stesso momento. Assomiglia molto, questa azione divina, a quella che pulsa nel sangue.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO QUINTO –

 

 

 

 

 

Continua a concentrarci, il nostro cammino non è finito qui!

 

Comincia un’avventura se ci avviciniamo al Segreto magico del FUOCO.

 

Urca, dirai tu, che paura!

 

Il fuoco tutto brucia, tutto consuma e distrutte, niente resta! In parte ciò potrebbe anche essere del tutto vero, ma la realtà è costituita, come saprai, da tanti punti di vista.

 

E tanti punti di vista non servono a far confusione, come superficialmente si potrebbe credere, bensì a percepire l’oggetto o la cosa o la persona o il fatto COMPLETAMENTE o quasi.

 

Solo così ci si può meritare di stare vicini alla verità e anche se poi questa ci sfugge, dobbiamo ugualmente cercare di trovarla, costi quel che costi.

 

FUOCO è una parola dai suoni molto difficili, per questo sono ancora qui, per spiegartela.

 

Cominciamo dalla F:

 

1.      che bel suono ondulato!

 

2.    Indica qualcosa che appare per incanto e che un attimo prima non c’era!

 

3.    Quando sento nel cuore la F io mantengo un calmo dominio su quest’elemento comparso per un magnifico incantesimo!

 

4.    Il suono mi dice molte cose di sé: lui protegge e conserva con cura e con amore le cose.

 

5.    Non solo protegge, la F copre per difendere.

 

6.    Dio crea la F e tutto il suo respiro viene mandato fuori nell’Universo.

 

7.    Nella F dunque c’è il respiro di Dio che è anche saggezza!

 

8.    E se l’uomo pronuncia il suono F , ripete anche lui una gocciolina della sapienza di Dio!

 

9.    Ho detto soltanto una gocciolina, perché la saggezza divina è tanta.

 

10.           Così, se l’uomo diviene consapevole di ciò che vive nella F , si sente interiormente pieno di Dio e quindi felice.

 

11. Perché in questa saggezza sta il passato, il presente e il futuro, e l’uomo deve affidarsi al futuro, se ha fiducia in Dio!

 

12. Infine, (guardate quanti punti di vista ci possono essere quando osserviamo un cosa e pensiamo su di essa) se sappiamo tutti questi segreti possiamo dirlo ai nostri amici e anche loro si stupiranno!

 

Dopo aver espresso così tanti pensieri sulla F, parliamo un poco della U.

 

In questo caso la U segue la F: l’unione dei due suoni provoca un rimpicciolimento di ciò che vediamo apparire nella F. Far seguire la U comporta che i dodici significati della F si condensino in uno solo, più piccolo, fissato in contorni ben netti, come succede nella fiamma. Mala fiamma non rimane irrigidita, si amplia e si arrotonda e sprizza luce; lo attesta la O ed è come se dicesse a tutti. – Guarda, io le fiamme del fuoco non le faccio allargare più di tanto, le trattengo, ma il loro calore lo faccio irradiare.

 

Che dite? Finora non avevamo ancora fatto amicizia con la O? E’ vero!

 

Siamo stati subito accontentati, vedete.

 

La O della parola FUOCO ce lo fa conoscere più intimamente e sembra quasi che convinca ogni uomo a pensare: – Non ti appare profondo il fuoco? Non vorresti forse abbracciarlo?-.

 

Ovviamente non si può abbracciare fisicamente il fuoco, altrimenti ci bruceremmo.

 

Allora la saggezza di Messer Linguaggio sta nell’aver messo dopo la O, la C, che alleggerisce questo nostro senso di abbracciare fisicamente il fuoco e lo rende una sostanza molto spirituale, come se volesse descriverci il calore che ne sta alla base, calore che non si può pesare né afferrare, calore che non ha colore o misura.

 

E’ davvero spirituale il fuoco, prima che materiale! In effetto brucia la materia.

 

Con lui, bruciano gli oggetti. Dobbiamo toccarlo senza toccarlo e allora diviene buono e utile.

 

La O finale?

 

Dimostra che abbiamo sperimentato la natura del fuoco e il fuoco sa che noi ci siamo. Ci siamo avvicinati l’uno all’altro.

 

Tutto ciò noi chiamiamo bellezza della natura!

 

Quando qualcuno sta per arrabbiarsi il fuoco lo pervade e il fuoco dobbiamo sempre cercare di controllarlo, anche se conoscendolo, sappiamo che il fuoco mai è in riposo se non quando… è spento.

 

Vuoi disegnare l’intima natura del fuoco?

 

Fa parlare il colore… e guarda cosa accade.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO  SESTO –

 

 

 

 

 

Il quarto elemento, l’avrai senz’altro capito, è la TERRA.

 

Veramente sorprendente è la T: perché la T ci comunica una verità assai singolare e cioè che la sua parte vera sta in Cielo; sì anche la terra è una sostanza spirituale e dall’alto è calata verso il basso con fare incisivo e determinato.

 

Possiamo guardare con rispetto la T e sentire per questa lettera un sentimento di profonda ammirazione e di stima. Nella T sentiamo che la divinità ha creato la terra, irradiando e irradiando e…. ancora irradiando.

 

Che cosa significa ‘Irradiare’? Spargersi e dare di Sé il più possibile, donarsi all’intorno.

 

Ecco il senso della  T di terra.

 

La E poi ferma momentaneamente questo irradiarsi e lo colma di saldezza, cosicché vede questa T venire dal cielo, ma afferma: – La terra è qualcosa però di diverso dal Cielo, anche se la forza che sta nell’una dimensione e nell’altra è la stessa. Non posso dire che la Terra è il Cielo e il Cielo è la Terra e per diversificarli, per comprenderli pienamente tutti e due nelle loro differenze, c’è bisogno di me, della E -.

 

La doppia R fa risuonare per due volte, rafforzandola, l’immgine che abbiamo creato. Ciò consente che tutto questo abbia un forte movimento e questa forza fa davvero stupire e accogliere il senso del sommovimento.

 

Su, prova a donare colore alla terra….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO SETTIMO –

 

 

 

 

 

La nostra storia degli elementi sta volgendo al termine, ma non possiamo separarci se prima non abbiamo ricordato la quinta essenza, la Vita, che vive appunto nei quattro elementi e li fa respirare e rendere sacre le cose, le persone, le piante, gli animali del mondo e del Cosmo.

 

Il suo colore è simile al fiore di pesco appena sbocciato e illuminato dalle gocce di rugiada.

 

E’ dappertutto, senza forma e senza limiti, proprio come il nostro pensiero.

 

E’ una sostanza molto strana: se si condensa, al tempo stesso si rarefà.

 

Se si avvicina, si allontana.

 

Se è dentro le cose, è fuori delle cose.

 

Se è un contrario, è anche il suo opposto.

 

Nessuno può conoscerlo, dall’esterno.

 

Ognuno di noi può chiamarlo soltanto dall’interno.

 

Mamma mia, esclamerete voi, che incredibile enigma!

 

Sì,  è un enigma di difficile soluzione.

 

Qual è il suo nome?

 

E’ un segreto.

 

Volete conoscere il suo nome?

 

Ve lo dirò comunque, siccome siete stati molto bravi e mi seguito con pazienza fino a qui collaborando con me alla nascita di questo libro.

 

Il suo nome è IO.

 

Volete provare a disegnarlo?

 

Perché no?

 

Rammentate che il suono della I evoca l’autoesserci dell’Uomo e la O l’esserci del mondo.

 

Raffigurerete adesso l’Universo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Caro lettore, sono riuscita a completare Le storie degli elementi.

 

Non so se ti piaceranno, comunque sia volevo sottolineare due concetti: il primo riguarda il fatto che ho utilizzato poche immagini – almeno così come in genere sono definite le immagini per bambini – che penso siano spesso più definite di quanto si pensi e anche più colme di significati già predefiniti.

 

I concetti che ho rappresentato sembrano astratti, ma non lo sono. Sono, per me, vere immagini.

 

Lasciano libero il bambino di dare una figurazione precisa senza divenire per questo simboli o pensieri matematici.

 

In secondo luogo ho preferito un linguaggio che esce fuori dall’usuale ‘parlare ai bambini’ approssimativo e troppo infantile.

 

Penso infatti che rispettare i bambini consista nel rivolgere loro un linguaggio adulto, seppure comprensibile e rapportato alla loro età.

 

Non so se ci sono riuscita.

 

Se vi va, puoi lavorare su questi capitoletti come preferisci.

 

Io poi aggiungerei una seconda parte – oppure da fare in un altro libretto – dove si mettono in relazione gli elementi – e allora sì, usando immagini poetiche e dense di colore, i quattro Arcangeli e le stagioni.

 

Mi piacerebbe farne storie in versi, in endecasillabi, che conferiscono ai significati quel ritmo e quella musicalità che toccano le dodici parti dell’anima o dodici sensi.

 

 

 

A presto!

 

Alessandra

 

 

 

 

 

uriele

 

 

 

 

 

arcangelo gabriele

 

 

 

arcangelo michele

 

 

arcangelo raffaele

 

 

 

 

SORGE o ri-sorge

Sorge alla vita

L’oggetto della metamorfosi.

Un fatto, una persona,

Un anmale o pianta,

Un minerale,

apparentemente addormentato,

tutto

Suscita in noi meraviglia.

Di noi, conseguenza.

La “A” parla

come Platone voleva.

 

 

 

 

Foto: Bruckmann – Greece from the Coming of the Hellenes to AD. 14, page 355.

Andalo

paganella

Andalo, 2001

Si stendono. dall’alto delle cime,

i soavi colori di un’alba

silenziosa, che scende a valle,  rosa.

Ali d’angelo soffuse nel vento

che agita, carezza lietamente

le foglie e gli aghi verdi degli abeti,

i fiori ornamentali e le terrazze

del paese, intagliate nel legno;

nella quiete vengon disegnate

le forme e le luci di un tessuto

ricamato che nel giorno rifulge

come un invisibile smeraldo.

E’ la gente di Andalo che incontri,

che s’affretta al lavoro quotidiano;

in quest’estate colma di bellezza,

di poesia nostalgica, che canta

la storia millenaria di un villaggio,

dei suoi sorrisi, i dolori, le gioie,

i sacrifici, le nascite, le morti

e di ogni anima, sulla foglia

dell’autunno che sta per cadere,

sulla pietre e sui sassi di fiume,

sono inscritti gli anni della sua vita,

i doni del destino misterioso,

un geroglifico, come la montagna.

Come l’Antico Greco la vedo, la montagna,

nel rosso  e nel giallo raccolta, meditante.

Ogni foglia, poi, caduta lentamente,

raccogliendo come il contadino

fa con la terra, i frutti amati.

La gente di Andalo questo lo sa bene

ed ecco allora, nella natura artista,

sa leggere vivente il proprio nome,

fiabesco, tenace e secolare.

Uomo d’Occidente, guai a te!

Non prendere in giro l’aura tenera,

fiabesca, dolce, rilucente,

di chi non volge il pensiero

il sentimento o l’azione al vile foglio

inutile segno di uno scambio

che tra esseri umani mai c’è stato,

sigillo della convenzione,

della disumana condizione

che non è propria del semplice,

che non è propria certo del Devoto.

Il ricordo di tempi immemorabili,

dai vostri padri scalda il nostro cuore,

registrando dei fatti inusitati,

le leggende del popolo nascosto,

sorridente, modesto, riservato,

austero, felice, indiffarato.

Nella gente di Andalo ho intravisto

la fonte originaria, il seme, il Mito,

la Dea fertilità d’Amore intrisa,

d’Amore, d’Amore…,

d’Amore.

Così bambino mio stanotte dormi,

così il tesoro della fata appare,

mentre gli gnomi giocano tra loro

e l’Angelo dorato ti sorride:

al  sonno ristoratore

il suo vestito d’aria è varco.

Dormi, …, piccino.

racconto2… Easy Rider

easy 2Easy Rider, quanto tempo dopo? Flashs di memorie, ormai.

Era come una cassa di risonanza. Ricordava, ormai quasi fine Anni Settanta(era un ragazzotto, già laureato in filosofia, inizio insegnamento, esperienza per lui disastrosa, a scuola)una conferenza di Ernst Topitsch, stimato(accreditato, forse meglio)sociologo-pensatore politico, che sarebbe stata dedicata alla”Rivolta dei semi-formati”. In realtà, l’anziano prof.avrebbe fatto strage-nelle sue intenzioni- dei marxisti, perché il”nostro”(boh, insomma, il loro?)vedeva rosso dappertutto… Sembrava che gli dicesse-al nostro(questo sì, in quanto quasi protagonista di questa storiella):”Sporco marxista, che ci fai qua da me?Vattene altrove”. Il nostro aveva”assaggiato”un po’di nouveaux philosophes(la scorpacciata maggiore di quella “robaccia”, lui, quasi asceta-semivegetariano/”imbranato”-gnostico, l’avrebbe fatta dopo, però, almeno, sempre che il flash funzioni…), di antimarxismo vario e diffranto, ma… Qualche riflessione con un amico/collega(molto più vecchio, ma forse non troppo illuminato, chissà… Forse il riverbero del flash, sempre, oppure ci sarà dietro qualcosa di vero?). No, non sapeva di più, aveva accresciuto la sua conoscenza nel senso d’un altro”autore”, non aveva accresciuto il”sapere”, almeno così credeva, forse lo crederebbe ancora. Ma… Era un periodo in cui”assorbiva”, come sempre, cercando di capirci qualcosa. Come quando, anni prima, un amico(bilingue italo-tirolese)del Nord-Est(lui era meno profilato, viste le sue ascendenze gallo-slave, un suburbio non da poco)gli aveva raccontato che da piccolo(massimo 8 anni), essendo andato a slittare “in partibus infidelium”(zona solo tirolofona) solo italo-parlante(“Son Trentin mi, del Bus de Vela”), era stato accolto(meglio erano stati accolti, una forma rara di condivisione….)da una gragnuola di sassi, con grida”Sauwolschen”(italianacci porci, tradotto alla bell’e meglio). Post-guerra/guerra fredda) ? Fredda manco poi tanto, invero..Certo che, tutto sommato, erano esperienze che lasciano il segno, anche se non provate personalmente/direttamente. Piuttosto, in complesso, c’era qualcosa di tipico-archetipico, di consustanzialmente comune tra le due esperienze fin qui narrate? No, assolutamente. Se mai, si trattava di qualcosa di forte(nel secondo caso, nel primo, insomma, solo che il primo-quello”sociologico”pungeva un po’più sul vivo). Non cose di enorme risonanza, non di”portata evenemenziale”, sicuramente, ma… Poi passava a metà anni Ottanta(no, un po’dopo, bisognava slittare di circa 10 anni, rispetto al”prima”di Topitsch etc.). Era a Salsomaggiore con sua mamma, lui bamboccione ultra-trentenne(“Giunto non era ancor Padoa-Schioppa/a mostrar ciò che in camera si puote”, che brutta versione adattata del testo dantesco, riferito a Nebucadbetsar II- Nabuchodonosor in versione greco- latina o comunque funzioni la traslitterazione, non a un ministro dell’economia che passa, lo spazio di due anni scarsi…. )bensì all’imperatore (re, ma ben più che solo”basilèus”!babilonese, sempre minacciante il”popolo eletto”/gli era rimasto il culto degli eroi, “forma di idealismo storico”, avrebbero detto Mao-Tse-Dong e i suoi-più che altro anonimi-esegeti, ma lui, machiavelliano neppure inconscio non se curava certo granché ); giretti, letture, studi(quando mai non?Preparava chissà quale esamone, in quell’87 o comunque studiava qualcosa di nuovo, visto che in questo, almeno, era vorace). chiaccherate-qualche litigio con la madre” opprimente”- dodici anni dopo ne avrebbe pianto duramente la scomparsa, entrando in una sorta di”vuoto pneumatico”(aggettivo che, indirettamente, tornerà ancora, nel corso del racconto, ma in altra accezione, letterale, indirettamente, però, appunto), anzi ben più che solo questo…Salsomaggiore, che noia, ma insomma… sapeva adattarsi, tutto sommato, anche se, talora, l’adattamento non era”cosa de nada”…Il”bamboccione imbrigliato”, per dirla-ma solo con il sostantivo-con un ex-ministro a suo tempo ampiamente fischiato. Poi, invece, c’eran ricordi confusi, in questa sua”traghettata mentale”(o segaiolata mentale, come dicevano i suoi molti critici). Si ricordava quando, con il suo amico”fatto”di ero, purtroppo da anni(sarebbe morto non molti anni dopo, al massimo un lustro), aveva visto”The Doors”(di Oliver Stone), naturalmente commovendosi non poco(meno Mauro che invece, in quell’occasione più lucido di lui, aveva rilevato come”The Doors”e Jim Morrison in primis fossero stati tra i primi a propagandare-o quasi-la droga). Curioso commuoversi, inter cetera, per qualcosa che non si è vissuto direttamente, ma si è sostanzialmente appreso dopo o di cui comunque t’è arrivato solo qualche”colpo di coda”, per lui, in specie, che, da adolescente, non era mai stato rockettaro, ma seguiva crooners romantici, chansonniers francesi, al massimo Bob Dylan, musica classica, un po’di jazz e di rythm and blues… Parigi, poi, gli veniva per ovvia associazione d’idee( e contrasto, che poi sono speculari, notoriamente). Le camminate sul Lungo Senna(“la Seine qui se promène”, cantava divinamente Jacky-Jacques Brel), i suo studi “leopardiani”, anche colà, di musica, letteratura, lingua francese.Nada de filles, en Paris, tanto che una volta, a Montmartre, era entrato col suo amico in un ristorante, ben presto pieno di”putaines”, o prostituées, se si vuole attenuare il colpo. Diventato d’ogni colore, aveva indotto il suo amico a lasciare il ristorante. Non se ricordava, certo, ma sapeva d’aver mangiato altrove, poi, quel giorno stesso. Eppure qualcuno, al suo ritorno da Parigi(no, forse mezz’anno dopo, gli aveva chiesto ragione di sue-del tutto improbabili-trasgressioni… Ancora flashs, come quello del suo stupore ammirato, quando contemplava le sue due(tre, talora)amiche, brune amazzoni, gonfianti enormi palloni da mare senza alcun problema(lui di fiato non ne aveva-avrebbe mai avuto)con tutto il relativo gioco di petti… Ma anche il ricordo del vecchio prof.di greco e latino al liceo, quando questi parlava della grandezza dei prischi latini, con il”Triumphe”, che avrebbe finito per ballare da solo(prima aveva invitato qualche sua allieva a danzare con lui, poi, invece, visti i dinieghi, s’era messo a quasi cavalcioni, con le sue gambe ad x-così diceva sua madre, già anch’essa allieva del nostro, in tempi non sospetti, in cui uno show come quello di poi non sarebbe stato possibile-) motivando appunto così la cosa:”Non importa, allora danzerò da solo!!!”, con quel tono stentoreo che stava tra la caricatura di Mussolini e altro(una certa retorica di ritorno, che il nostro vedeva in Georges Sorel, nella sua affermazione: “Il socialismo ha bisogno di retorica”).Dello stesso prof.si faceva raccontare la performance, certo”apocrifa”, per cui, dopo aver schiaffeggiato un suo allievo(questo quando il”nostro”era anocra alle elementari, se non in fasce)che, nel temino di latino-greco, alla domanda:”Sei agostiniano o pelagiano”, aveva risposto”Non mi pongo il problema, in quanto ateo”, aveva gridato”Tu devi essere cattolico, p… Dio!”. L’altro sì che era ateo, lui no, il”nostro”, ma la cosa lo faceva scompisciare, si vede che”smuoveva”qualosa. Tornando però al primo episodio, quello a lui coevo: con tutto che la cosa-“sicura”perché diventata”vox communis”-non l’aveva esperita direttamente, essendo ammalato, quel giorno. Ancora i ricordi a/di Lettere, non di Filosofia(una laurea sbagliata, la prima, sicuramente, per colpa sua ma non solo…), quando, godendo delle bellezze lezioni e degli studi, matti e disperatissimi, ma quanto fruttuosi…! Il prof.di Latino, quando parlando dei venti imprigionati dal loro re, Eolo, aveva detto ridendo:”Ma hosa ne facciamo, Maremma(Maremma forse l’aveva aggiunto il nostro”fesso”, nel delirio-maesltroem dei suoi ricordi), li mettiamo’n manihomio?” cosa che, a lui invero basagliano, quindi favorevole alla chiusura dei manicomi-“Matti da slegare”, questo lo slogan- aveva provocato uno scatto di risa da rompere la mascella, piccola e tutt’altro che volitiva(cfr.sopra…). Ancora, quando il gran prof.di Letteratura italiana(suo papà spirituale in pectore, avrebbe scoperto anni dopo)aveva detto, dopo l’arrivo de’shenshi(cenci, per i non Fiorentini, sono i dolci di Carnevale)portati dalla segrateria di facoltà, aveva detto, libando:”E adesso shi vorrebbe qualhosa da bbere!”. Per non dire, certo, delle sette volte sette(o otto, tra cinema, solo due volte e TV aveva perso i conti, anche perché negli anni…)in cui aveva visto”Easy rider”, film che dapprima(la prima volta in cui l’aveva visto, cioè)l’aveva colpito poco, lasciandolo quasi indifferente. Lui poi, mai stato hippie, che di moto non capiva nulla, anzi ne aveva paura… Chissà mai perché: l’on the road che avrebbe(o già aveva) amato in Kerouac, il brivido-fascino dell’avventura, la trasgressione(“ma de che?”avrebbe detto il suo simpaticamente reazionario patrigno-si fa per dire, chiaro- romano) Altro ancora, nella sua povera testa, sballottata tra ricordi vissuti e narrati(due, quelli dei sassi, l’altro quello del prof.di Latino e Greco) ed esperienze più recenti(il ricordo, bene o male, si sedimenta, dunque…), ma lui, ormai, era in una condizione che non gli consentiva più quasi nulla… Si muoveva a stento, camminava così per modo di dire, basculando-barcollando(non certo “soffocato dal peso”) era un rottame ambulante, come dimostrava l’episodio anconetano di quasi un anno prima… Ma questa, ancora una volta, è un’altra storia, zio povero, Maremma bua, Boia d’un mon léder. (Eugen Galasso, 29-07-2008)

easy rider 1

 

easy 3

 

 

Carissimi lettori… un racconto scritto da Eugen Galasso….

Un sereno agosto a tutti.
BUONA LETTURA 

OTTOVOLANTE

 

L’Ottovolante:       “Ma sarà ben bishero, Maremma!” “Un lo honoshi tanto, ma l’è grullo, aiutami a dir grullo!”.    Passando, lo studente/studioso, che ormai s’era abbastanza”infiorentinato”, capiva tutto o quasi, pur se qualche dubbio permaneva…colpa sua, che l’era grullo, pur se le espressioni captate da due ignoti passanti, parlanti a voce alta, erano rivolte a chissà chi, certo non a lui. Neanche mezz’ora dopo, tornato a casa, nella sua stanzetta da vetero-studente(ch’aveva ormai frecce al suo arco, Maremma, ma…), non senza aver “buttato via” mezz’ora in autobus, per meglio dire in un autobus non affollatissimo, non pieno di immigrati d’ogni dove, ché anche a fine anni Ottanta del 1900 la globalizzazionec’era, ma non aveva attinto livelli quali quelli attuali(la Lega Nord, allora non ancora in auge o comunque ai suoi esordi, avrebbe detto le cose diversamente…), s’era rimesso a studiare more solito, alias leopardiano, ficcandosi nelle problematiche concernenti l’autenticità del”Dialogus de Oratoribus”, meglio della sua attribuzione a Tacito, i rapporti tra Federigo Tozzi e il gruppo ultramontanista della”Torre”, nonché gli anteante-lefebvriani francesi(si parla d’inizio Novecento….), la genesi callimachea e poi catulliana delle”Grazie”foscoliane, ma anche qualcosa d’altro, ora non rubricato né più agevolemente”replicabile”-rintracciabile. La TV la un’sh’era, anzi no, sh’era, ma… Lui un la vedeva(“che me ne fo…”, semmai aggiungeva al pensum leopardiano un po’di teologia della liberazione e, chissà, anche la lettura delle pagine culturali(ahi, la deformazione!)di qualche quotidiano. Poi, a Dio(?) o a chissà chi/che cosa piacendo(più probabilmente a questioni ben spiegabili, legato a funzioni fisiologiche e neuro-elettriche, allora ancora chiarite solo in parte, s’intende), s’era addormentato anche lui. Sognava libri, ma talora(cfr.sopra, le ripetizioni vanno bene, ma non troppo…)anche jeunes filles, con un contorno di mare, poi…tutto si confondeva un pochino, anche perché comunque aveva cominciato quel tragitto febbrile-bronchito-influenzale che, qualunque fosse il clima, lo coglieva varie volte nel corso  dell’anno, in particolare anche nel periodo tardo-invernale. Era quindi la febbre, associata a un leggerissimo stato allucinatorio, a farlo sognare(beh, non solo, ma insomma anche…)anche in modo un po’”anomalo”(no, qualche anticipazione nel senso anzidetto l’aveva già avuto, ma niente di paragonabile)rispetto alle sue abitudini. A dire il vero, rispetto ad anni passati, un po’di”trasgressioni”c’erano state…o no?Quanto meno, rispetto a più d’un decennio prima, dedicava qualche sabato e domenica a visite agli amici, oltre che allo studio “folle”…Poca roba, si direbbe, ma per lui… era molto, tanto, anzi…era una rivoluzione del suo esistere. Per altro, a giudicare dall’esterno, era ancora un anacoreta, ma, insomma, la sua propriocezione era molto cambiata, quasi a rischio di perdere un”ubi consistam”… Sonno un po’agitato e febbrile, si diceva, non solo metaforicamente. Rivedeva anche il suo grande prof., pochi giorni prima rispetto al fatto, che, mentre spiegava con convinzione e acribia il succitato(come in un rapporto di polizia, va beh…) Tozzi, era stato interrotto dalla segretaria che offriva”de shenshi”(cenci, al di fuori del vernacolo;insomma i dolci di Carnevale;altrove = chiacchere, grostoli, crostoli e ad libitum… ), che poi tutti avevano gustato tutti, finché non disse(il prof., certo):”E ora shi vorrebbe qualhosa da bbere!”. Vera intuizione eidetica, che all’epoca l’aveva fatto sorridere(ridere non poteva, il ruolo, la dignità, la serietà etc.etc.). Poi invece, sonno non sonno, febbre non febbre, s’era svegliato, alla bell’e meglio, aveva fatto il consueto”fantasma di colazione”(come definirlo altrimenti?), aveva preso il solito bus, per andare in Università(dove poi si travestiva, quasi fosse uno studente un po’-molto, volendo-in ritardo con la tesi, ma con non poca spocchia giovanilistica, avendo quasi raggiunto i 35, ma volendo cacher l’età, ahi la vanagloria…ahi il narcisismo, vanitas vanitatum vanitas, come dice il Kohelet; ancor più rigorosamente voleva nascondere le sue due lauree e mezzo pregresse, pubblicazioni et alia), e gli era tornato in mente(ancora in autobus, ovvio)il suo grande prof.di liceo(greco e latino, quello che”cantava Omero e fischiettava Orazio”, Amanda Knering dixit)nelle sue performances così diverse, quando il”Triumphe, Triumphe!” l’aveva danzato da solo, quando coglieva tutti impreparati a livello musicale, quando faceva l’imitazione del duce-no, maiuscolo non lo scriverò mai…). Poi ancora il consueto tran-tran, da”travet”da studente, seppure un po’atipico, s’era rituffato anche nei lavori di traduzione e da recensore che comunque, con grande fatica, portava avanti. Poi, una notte, nonostante i tentativi di automedicazione, che disastro…Febbre, brividi di freddo; chissà come, aveva intercettato un treno ed era tornato a casa, o la notte stessa o di prima mattina; qualche giorno a casa, ne aveva approfittato per chiamare il “suo amore”, aveva concordato qualcosa, che cosa poi non naturalmente ricordava/non avrebbe ricordato con esattezza, era tornato nella città del Giglio(Maremma, che espressione retorica!), tutto come prima, ma… Studio ancora, i suoi lavoretti, gli esami. Poi, tra un esame e l’altro(alla lettera, prima c’era stata solo una scampagnata, anche con alcune colleghe di studio), era arrivata Marion e…nonostante la preparazione di un esame oltremodo impegnativo(che aveva già preparato, comunque, si trattava solo di riguardare qualcosa, di”ripassare”, espressione oltremodo ambigua…), le aveva mostrato la città medicea per una settimana, oltre a qualche romantica passeggiata… Poi l’esame(almeno ottanta minuti, anzi un’ora e mezzo, nonostante la tesina fosse
arringatore

stata molto apprezzata, il colloquio volgesse al meglio, due trenta e lode pregressi in materie affini, gli interventi a lezione, sempre apprezzati), con Marion che aspettava, abbastanza trepidante, commentando ex post:”Non ti lasciavano più uscire”. Poi vari viaggi, qualche peregrinazione, l’arrivo al mare e, forse già il secondo giorno di permanenza, Marion propone:”Vorrei provare l’8 volante”(in realtà era qualcosa di peggio, lo scrivente comunque non se ne intende, né la memoria resta tramandata in dettaglio), dopo di che lo studioso-studente(ri-dovremmo aggiungere, invero), timido, timoroso, ma soprattutto sofferente(inter cetera, ancora una volta)di sindrome vertiginica, cerca di dire di no, poi accetta. Periplo fatto, come si può immaginare, aggrappato alla sua Dulcinea, dopo di che qualche paura coglie persino lei; lui, dal canto sua ringrazia il cielo a corsa conclusa. Eppure nel ricordo(chiedeteglielo de visu, volendo, ammesso sia ancora in circolazione)rimpiangerà quei giorni, non certo per l’Ottovolante o simile…   (Eugen Galasso, 2-5 maggio 2008)

 

 

IL TESTAMENTO

Il testo è di Alessandra Vettori Maiorelli.

Nel racconto si parla della figura di Giuda e delle motivazioni sul suo tradimento, attraverso la figura di un monaco, Tanchelino, vissuto a cavallo tra il 1200 e il 1300 (cfr. Felice Tocco, L’eresia nel Medio Evo).

Alessandra Vettori Maiorelli

 

 

 

 

 

 

 

 

IL TESTAMENTO

 

 

 

 

racconto

(Non ci si offenda di ciò. Proprio quel che nessuno ammette, nessuno vuol

sentire, deve essere ripetuto tanto più spesso). J. W. Goethe


LA DOMANDA

Ho buttato i fogli nel camino, ma non sono bruciati.

Il lancio li ha rovesciati, li ha squinternati.

La fiamma ha continuato ad ardere, ritta e costante, quasi indifferente al loro contenuto.

Ho paura, Signore. Paura di ciò che può accadere a chi li leggerà. Se mai verranno letti.

La sala di lettura è buia, a tratti viene illuminata fiocamente dalla luce della luna e dal fuoco. Anche la luna è impazzita ? O sono io, sono io che vedo crollare tutti i miei ideali, le mie forze, il mio credo ?

Credo. Ecco, ho detto bene. Credo. Non verità. La verità se ne infischia dei credi, come la fiamma del caminetto.

Contempla il rotolo dei fogli antichi e incartapecoriti e si rifiuta di bruciarli. Forse è un segno del destino.

Perché la verità si affaccia timidamente alla coscienza e se si trova di fronte una lastra di metallo, tace e si ritira nelle profondità.

Per riemergere, caso mai, quando si è pronti ad accettare ciò che prima si riteneva assurdo, inconcepibile. La Storia ci insegna che è così.

L’abbazia mi sembra tetra, stasera.

E gli alti muri di pietra vogliono trattenere la luce opaca del crepuscolo. Le tenebre avvolgono gli alberi e l’orto e le celle rimandano sulle pareti dei corridoi il silenzio e le meditazioni e le preghiere dei frati.

Se esiste una giustizia divina, certe cose non dovrebbero essere permesse.

Sono solo, adesso. Mi sento solo.

Oh, qualcuno bussa alla porta. Dev’essere Fra’ Mariano che mi avverte della chiamata dell’abate. Potrei parlare chiaramente, far vedere le carte.

No, no ! Non posso !

Continuano a bussare.

Riprendo in mano le carte e le sento bruciare ; le nascondo sotto il letto.

Io non voglio saperne niente, di tutta questa storia.

Sono uno studioso, io, non un uomo pio. Almeno non in questo momento. Traduco gli antichi manoscritti. Devono pervenire ai posteri nella loro verità.

– Avanti ! – dico e abbasso la testa simulando un’attenzione che mi manca.

Entra fra’ Mariano e mi si avvicina :

– Fratello, che avete ? Siete sudato e bianco in volto. Vi sentite male ? -.

-Sto benissimo ! – calco la frase con energia cercando di tornare alla normalità. Però il cuore mi batte e le tempie pulsano. Lo sento. – Cosa c’è ? -. Meno male che la candela sta per spegnersi. E’ un miracolo che la cera si sia sciolta quasi del tutto. Se non altro, riesco nella penombra a mascherare meglio la mia inquietudine.

– L’abate vuol parlarvi – la voce di fra’ Mariano mi arriva all’orecchio dall’oltretomba. Una voce dal timbro secco, autoritario.

Seguo fra’ Mariano e annuisco alle sue frasi, senza comprenderle.

Penso ad altro, ma faccio finta di nulla. Debbo svelare ciò che ho trovato all’abate ? La domanda gira e rigira nella mia mente al punto da diventare un vortice che inghiotte tutte le mie speculazioni.

Fra’ Mariano mi fa strada dall’abate.

Fratello Andrea è qui, Padre -.

– Bene, bene. Fatelo passare -.

L’abate è seduto e vedendomi apparire sulla porta, mi sorride.

Sorriderete anche dopo che vi avrò detto ciò che ho scoperto ?

Cerco di respingere il dubbio che mi ha colto.

L’abate mi guarda : – Sembrate stanco, figliolo. Sedetevi e ditemi come procede il vostro lavoro. Come uomo di chiesa, ammiro la fede che è in voi e che sostiene gli studi ai quali vi state da tempo dedicando. E’ una grossa fatica quella che vi attende… ; io ho piena fiducia nelle vostre capacità. La gioia di servire Iddio annulla il dolore e il sacrificio che debbono essere sopportati per far fluire sulla Terra la Parola e le opere del Salvatore. Ebbene, a che punto siete ? -.

– Io… io… – non riesco a proseguire. Ho la gola secca e gli occhi mi dolgono. E’ con un brusco e artificioso colpo di tosse che riesco a darmi un contegno.

Io sto esaminando le carte che mi avete dato, Padre. Sono molto interessanti e … -.

– Riuscirete a terminare il lavoro in tempo? Per l’arrivo di Sua Santità, intendo dire. La nostra abbazia non ha mai vantato la scoperta di antichi e sarebbe un privilegio, per noi, poter dare ai fedeli qualcosa di veramente grandioso. Di autenticamente cristiano. Purtroppo, io conosco a malapena l’aramaico. Ed è per questo che vi ho chiesto di venire da Amsterdam. Siete l’unico che può capire e farci comprendere. Tranquillizzatemi, vi prego e ditemi: di cosa si tratta? -.

Le mie mani si intrecciano nervosamente e credo di avere lo sguardo perso nel vuoto. L’abate se ne accorge e mi fa un cenno con la mano: – Perdonatemi. Siete giovane e robusto, ma il viaggio vi avrà estenuato. Ho peccato facendomi dominare dall’ansia di sapere. Sarà meglio che andiate a riposare …; domani! Domani mi direte tutto. Andate, andate! – esclama eccitato e mi accompagna alla porta con fraterna agitazione – E che la Grazia di Dio sia sempre con voi – aggiunse serenamente.

Il loggiato accoglie i miei passi. E mentre mi dirigo verso la cella, colgo con gli occhi, in un istante, la campagna e sento l’ululato di un lupo e le cicale che cantano incessantemente. Non ho sonno. Non riesco a dormire. Perché debbo addossarmi questa responsabilità? Io sono un pover’uomo e non voglio entrare a far parte della Storia. La Verità può essere pericolosa a volte. Che devo fare? Mai, mai come adesso mi sono sentito confuso e infelice. Dio mio, aiutami tu, che puoi tutto.

L’abate stamani è fermo sulla soglia della porta e mi cinge le spalle con un braccio: – Venite! – Volge gli occhi verso il sole come un antico pagano e mi chiede notizie sul manoscritto. Io fisso il documento e comincio a leggere: “Io, Giuda di Keriot, proclamato da tutti i seguaci del Nazareno…”.

– Non osate continuare! – esclama lui aggrottando le ciglia scure e gravi – Codesto documento deve essere distrutto! Subito! -.

– Padre, tornate in voi! – lo prego- Dovete ascoltarmi: non comprendete?

Il testamento di Giuda Iscariota è giunto sino a noi! Come potete pensare di cancellarlo dalla Chiesa? Esso ne fa e il suo contenuto deve essere comunicato a tutti… -.

– Non sarete della stessa pasta di quell’infame? – grida strabuzzando gli occhi che si riducono a due fessure oblique – Non permetterò che una tale mostruosità, una presenza diabolica si insinui nelle coscienze dei miei fedeli e dei frati di quest’abbazia! -.

E’ nostro preciso dovere – obietto con decisione – conoscere prima di distruggere. L’ignoranza è una forma di inganno: è il volto stesso del demoniaco. Cristo visse e operò tra pubblicani, farisei e meretrici. Gli uomini retti non devono aver paura di affrontare il Maligno -.

L’abate mi fissa sprezzante: – Voi! – tuona – Da quanto tempo covate codeste eresie? Da quanto tempo la Chiesa alleva una serpe nel suo seno? Indietro, Satana! Vi ordino di rimanere nella vostra cella finché non avrò parlato con il Santo Padre di questa turpe faccenda… . Tenete – dice porgendomi il manoscritto, la sua mano tremando – custoditelo voi; vi riterrò responsabile se lo perderete – aggiunge e si strofina il palmo della mano sulla veste come se avesse toccato un appestato.

Io non potei far altro che andarmene via a testa bassa con un senso di colpevolezza: – Come! – Pensai – Come si può credere in Dio e sperare nella Grazia se volontariamente ci bendiamo gli occhi? Sottrarre questo documento agli uomini significa alterare il decorso degli eventi. Fogli dannati! – mi gridai – Avete insinuato il dubbio nella mia anima e adesso non sono più sicuro di niente. Non lo sarò mai più! -.

Quella notte piansi. Piansi fino all’alba finché le lacrime si mutarono in un corto singhiozzo. Forse il Signore mi avrebbe perdonato come fece con la donna che gli unse i capelli. Anche lei, come me, aveva tanto amato. Dove c’è amore, c’è sempre la possibilità di risalire.

Così decisi di abbandonare le cose che più veneravo: misi le vesti e il manoscritto in un sacco. Uscii nella notte e mi sentii un ladro. Fuori, il silenzio mi circondò; incespicavo a tratti correndo nei campi arati da poco mentre il respiro affannoso non mi dava requie. Furono giorni e notti di fughe e di paure; dormivo nei fienili o dove trovavo rifugio. Amici a me cari mi aiutarono. Ricordo che, prima di perdere i sensi, ebbi per un attimo la dolce visione di Amsterdam e il mercato e i bambini dagli zoccoli bianchi e provai una senso di sollievo. Poi, l’oscurità riprese il sopravvento.

Il Santo Padre era assorto e ascoltava l’abate di Cluny che scagliava i suoi anatemi: – Irvinio è fuggito dall’abbazia con lo scritto del Demonio. So che ha riparato nella natia Amsterdam; ha ottenuto il favore del popolo che lo chiama Tanchelino il Profeta. Si dice che procedesse alla testa di tremila persone per il venerdì santo. Le Fiandre sono diventate un ricettacolo di insorti, di Catari eretici. Se non fermiamo questa ondata di barbari… -.

– Non mentiamo fra noi, no! – lo interrompe il Santo Padre – Siamo tutti a conoscenza del degrado del clero, nonostante il rigore dei Pontefici. Abbiamo perciò deciso di emanare un canone contro i sacerdoti che si dedicano al concubinaggio, anziché a ravvedere le pecore perdute del gregge di Nostro Signore. L’ora è grave, abate. Fasto e magnificenza non si accordano con le umili vesti di Cristo. Lo sapete bene, voi. E lo so anch’io -.

L’abate reclina la testa in segno di ossequio: – Pur tuttavia, i Catari diffondono menzogne e si comportano in un modo che va contro le leggi terrene e celestiali. Propongo, se me lo concedete, che Tanchelino venga preso e sottoposto a processo. Deve ritrattare le ingiurie e restituire alla Chiesa il manoscritto che le appartiene di diritto e che deve essere distrutto. Egli è un ladro! -.

Sua Santità diresse l’indice della mano inguantata verso l’abate: – Fate come credete: Tanchelino si posto fuori dell’autorità della Chiesa; preferisce anzi essere al di sopra di essa…. Quello che conta è riavere il documento -.

– Senza dubbio. Farò l’impossibile per riaverlo. Che Iddio possa guidare la mia volontà verso la giustizia -.

– Non immischiate Dio in queste sordide questioni. “Non è quel che entra nella bocca che contamina l’uomo; ma quel che esce dalla bocca, ecco quel che contamina l’uomo”. Rammentatevi delle Sue Parole quando agirete. Ogni uomo ritiene sempre che la sua verità sia unica e indiscutibile. Perciò il Nemico può afferrare le anime degli incauti e soggiogarle al suo volere -.

– E’ ridicolo -. Mi stanno processando e non posso discolparmi. Come posso difendermi se dico la verità? Sono stanco e malato. Mi hanno torturato con tale ferocia che avrei detto mia madre una meretrice, se solo me lo avessero chiesto. Le forze mi stanno abbandonando. Ascolto le accuse dei vescovi.

– Rispondete Tanchelino – furoreggia uno di loro – combattete la dottrina agostiniana, nevvero? -.

La voce mi esce debolmente: – Ciascun uomo è un eletto – dico in un soffio; le catene mi stringono a tal punto i polsi da farli sanguinare – se vive veramente secondo i dettami delle Sacre Scritture -.

– Vaneggiate? – ringhia un altro – Insistete nelle vostre insulse teorie? Dunque non siamo riusciti a farvi cambiare idea! -.

– La Grazia di Dio giunge a tutti, anche a colui che fosse indegno come Giuda – rispondo spento.

– Questa è un’eresia! Desistete o non potremo far nulla per voi -.

– Chiunque! – urlo, non so chi mi da la forza – Chiunque può esercitare il sacramento se è uomo santo. Molti fra voi amano il lusso e fornicano ed esigono ingenti elemosine per il suffragio dei defunti. Comprate anche la morte, voi? -.

– Cane! – l’abate batte il pugno sul tavolo, furente.

Mi portano via. Nel carcere sotterraneo. Morirò tra atroci tormenti.

Lo avete cercato e non lo avete trovato. Perquisite, perquisite pure la mia casa. Non lo troverete; l’ ho nascosto in un luogo sicuro. Farisei! Siete dei farisei e non ne siete coscienti.

– Lasciatelo andare – dice l’abate. Tutti gli occhi dei preti sono puntati su di lui. Lo interrogano. Perché liberarlo?

– Se muore possiamo dimenticarci il Testamento. Lo seguiremo ovunque vada; quando torneremo in possesso delle carte, lo abbandoneremo al suo destino -.

Cari fratelli e amici,

lascio questa mia a voi che siete dalla parte della Luce e predicate la schietta verità. Sappiate prima di tutto che ho il cuore infranto, giacché ieri, erano circa le nove, sono venuto a conoscenza del fatto che Tanchelino, il nostro amato amico e maestro, è morto. Ucciso per mano di un prete fanatico che poi si è suicidato. Non so se questo anno 1125 verrà ricordato nelle cronache e nei trattati. Comunque, non avrebbe senso affermare che Tanchelino, martire di una giusta causa e seguace indefesso del Vero, è morto per la Gloria di Nostro Signore. Non avrebbe senso, perché la Storia è costellata di martiri e il firmamento dei lottatori contro l’epoca delle tenebre deve ancora veder nascere infiniti mondi e pianeti. L’abate di Cluny grida a forza che sta dilagando il morbo dell’eresia. “More pestis validae” , lo chiama. La Chiesa ci perseguita e brucia i nostri corpi e vuole avere un influsso sulle nostre anime. Nulla può però sui nostri Spiriti. E’ inutile che vi parli ancora di fatti, cose e persone di cui siete già a conoscenza. Non scrivo per giudicare, bensì per lasciarvi in dono qualcosa. Qualcosa di veramente prezioso. Noi dobbiamo essere convinti che il Male è assenza di Verità. Là dove la Luce si ritrae, la Tenebra avanza. La Tenebra non potrebbe oscurare se la Luce non glielo concedesse. Nell’evento più doloroso, più oscuro, la Luce irradia i suoi raggi d’amore. Il mondo è pieno di verità, figlioli miei. Il mondo è grande e ogni verità può e deve camminare accanto ad altre. Il Testamento di Giuda, tanto temuto, mi fu affidato da Tanchelino prima della sua triste fine. Giuda tradì il Cristo e l’azione fu infamante e terribile. Eppure senza quell’azione, la Redenzione del Peccato Umano non avrebbe avuto luogo.

Comprendete che Giuda è l’uomo colto dal dubbio. Il suo dubbio è diverso da quello di Tommaso. Tommaso dubita e inizia un cammino di conoscenza per il suo superamento.

Giuda è l’uomo che recide il cordone ombelicale con il Cristo e, allontanandosi dalla Luce per ignoranza dello Spirito, vive soltanto nell’anima intellettiva; perciò, rinnega se stesso e si perde. Perdendosi devia dal destino positivo che era stato preparato per lui.

Non dobbiamo parteggiare per Giuda né condannarlo. La giustizia divina è Amore e l’Amore ci guida a preservarne le ultime volontà rispettando la sua posizione, anche se tragica. Giuda amò Cristo, ma la sua anima non resse la Potenza di quell’Amore, perché fece venire alla superficie della sua ancora infante coscienza la sua sete di vita, l’insaziabile sete di vita.

Riporto qui di seguito il suo Testamento. Conservatelo, amici miei e fratelli, per coloro che verranno dopo di voi.

I quali, lontani dai tempi di Palestina, possano finalmente ricordare:

“Io, Giuda di Keriot, proclamato da tutti i seguaci del Nazareno, il Figlio di Perdizione e resomi colpevole, intimamente colpevole di aver tradito il Cristo durante la cena pasquale di , prima di chiudere la mia misera e iniqua esistenza e di bruciare in perpetuo nel fuoco divorante della Geenna, io, Giuda, detto anche Giuda Iscariota, intendo qui narrare i fatti come si sono svolti, senza nulla togliere e aggiungere a quanto accaduto. Affinché la Verità venga tramandata nella sua interezza. Per far ciò mi servo di un amico che ha perdonato i miei errori smisurati e il mio assoggettamento al Maligno.

Io nacqui da una coppia di sposi che per molto tempo non aveva avuto figli. A mia madre venne rivelato in sogno che le sarebbe nato un figlio, cause di grandi sventure per il popolo d’Israele. Lei non ebbe cuore di uccidermi e mi abbandonò nell’isola di Keriot. La regina del luogo mi trovò e mi adottò, dal momento che non aveva figli. La coppia reale mi aiutò a crescere e mi educò, finché ebbe un figlio proprio. Io mi ritrovai quindi ad essere il trovatello che ero e, mosso dall’invidia, uccisi il mio fratellastro. Dopo questo abominevole atto, fuggii dall’isola e giunsi nella casa di Pilato, dove servii per alcuni anni. Un giorno litigai con un vicino e lo uccisi. Poi ne sposai la vedova.

Quel vicino era mio padre!

Quando seppi la verità credetti di impazzire. Che destino orribile pesava sulle mie spalle! In seguito incontrai Filippo e Natanaele. Mi descrissero i prodigi compiuti da un Profeta. Volli che mi presentassero a lui. Ricordo poco di quell’incontro:

– Tu sei Giuda – mi disse con immensa tristezza e sentii il suo sguardo penetrare in me. Già sapeva nel suo Spirito degli omicidi.

Non compresi di chi si trattasse. Non compresi chi era.Ad onor del vero, pochi, attorno a lui, conobbero chi fosse veramente. Lo ammiravo e lo amavo. Quanto lo amavo! Sognavo il Nuovo Regno d’Israele dove tutti gli uomini giusti si sarebbero riuniti sotto l’egida di un Re Sapiente. Purtroppo io amavo anche Mammona. E non si possono servire due padroni nello stesso tempo.

Nessuno di noi possedeva più la saggezza originaria; le anime erano in continua rivoluzione e non si capiva più dove fosse il vero e dove il falso. Non cerco motivazioni, non ne ho bisogno. Il mio operato svela da solo la mia caduta. Eppure io vi dico che fui solo uno strumento! Uno strumento malefico, ma pur sempre uno strumento! Sono sicuro che Egli conoscesse il futuro di ognuno di noi. L’ ho venduto per trenta denari, ma NON CREDEVO, IO NON CREDEVO CHE L’AVREBBERO UCCISO. Era riuscito sempre a non trovarsi là dove lo cercavano. Quando voleva, si occultava agli occhi dei Nemici.

Quella sera mi dissi: “Ecco, è venuta l’ora che si manifesti quale Figlio di Dio”.

Perciò rimasi sbalordito, perché mi accorsi che non si opponeva alle guardie, non rivelava la sua vera identità. Non volle manifestarsi.

Quanto dolore! Non appena mi resi conto di ciò che avevo fatto, che lo avevo amato ma non avevo compreso in che modo l’avessi amato, decisi di suicidarmi. La maggior parte degli uomini crederà che fosse perché divenni cosciente del tradimento. No! O almeno, non fu soltanto per questo.

In quel momento capii che tutta la mia vita si era svolta secondo certe direzioni in vista di quella tremenda azione.

Non potendo sopportare oltre la disperazione e l’angoscia che mi attanagliano, ho scelto un albero che, solo, avrà le ragioni del mio peccato.

Abbiate pietà di me, come Lui ne ebbe!

Testimonia tutto quanto è soprascritto

Giuda Iscariota

Il Figliol di Perdizione

giuda

giuda 2

giuda 3

Dal 18 novembre un romanzo a puntate…

Dal 18 novembre una nuova iniziativa… le avventure di Silvano nel mondo dei colori,

intitolato La Soglia dell’arcobaleno.

 

UN VIAGGIO GOETHIANO TRA I COLORI, ESSERI VIVI DELLA LUCE CHE TESSONO FRA LORO AZIONI IN DIVENIRE, LA TRAMA DELLA VITA.

 

 

Dal 18 novembre

 

arcobaleno

 

 

arcobaleno 2

 

 

 

arcobaleno in arte

 

 

 

 

 

arcobaleno e noé

 

 

 

 

 

 

ARMONIA

Incedere aggraziato

Di dolcezza formato

Un nuovo senso

Nasce

sente

lo scintillare

dei battiti

del cuore,

come

acqua di fonte sorgiva….

ipertoni armonici

battesimo di Cristo

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