Son nate le pietre preziose sulla Terra

1. turchese, 2. ematite, 3. crisocolla, 4. occhio di tigre, 5. quarzo, 6. tormalina, 7. corniola, 8. pirite, 9. sugilite, 10. malachite, 11. quarzo rosa, 12. ossidiana “fiocchi di neve”, 13. rubino, 14. muschiata, 15. diaspro, 16. ametista, 17. calcedonio, 18. lapislazzuli.

 

 

 

Torno da adulta

in questo bosco sacro,

che mi vide bambina

e fra i roseti,

le erbe brillanti di verde

e di smeraldo,

ogni fiore o radice o foglia

o frutto se ti piace saperlo,

giocavano con me all’aria aperta,

simulando colori trasparenti

che si lodavano

nella densità

dello spazio terreno

raccogliendo dal tempo

dell’universo

le materie prime dei pianeti

e delle stelle e

di tutti gli altri corpi cosmici,

trasmutandosi

– incanto alchemico! –

nelle pietre preziose,

memorie di antiche età evolutive,

parole sottese delle Gerarchie celesti.

Ciascuna parola

si rapprende nella pietra:

i suoni sono le aure

dell’anima mia,

colma d’amore,

di sottile gioia.

 

 

 

 

Alessandra Vettori

 

Le cinque gemme cardinali dell’antichità (in ordine di lettura): diamante, zaffiro, rubino, berillo, ametista.

(da Wikipedia)

 

 

Versione 2

Gea (Futura)

La Donna

tornò da adulta

in quel misterioso bosco sacro,

che la vide bambina,

Puella eterna,

e fra i roseti,

le erbe brillanti di verde

e di smeraldo,

ogni fiore o radice o foglia

o frutto se vi piace saperlo,

giocavano con lei all’aria aperta,

simulando colori trasparenti

che si lodavano

nella densità

dello spazio terreno

raccogliendo dal tempo

dell’universo

le materie prime dei pianeti

e delle stelle e

di tutti gli altri corpi cosmici,

trasmutandosi

– incanto alchemico! –

nelle pietre preziose,

memorie di antiche età evolutive,

parole sottese di

Gerarchie celesti.

Ciascuna parola

si rapprese nella pietra:

i suoni diverranno le aure

dell’anima sua,

colma d’amore,

di sottile gioia,

la laringe si aprirà

come un boccio,

ne colerà l’umore

cristallino

di pupille neonate,

aperte all’estasi.

Alessandra Vettori Maiorelli (Da La Danza dei rosoni)

 

Io e il mio amico Goethe. Dedicata a mio figlio Tommaso

 

E in un piccolo punto del pianeta

si ritrovarono come a uno strano  appuntamento

tutti gli esseri fatati delle fiabe.

Cominciarono a raccontarsi

storie delle quali erano protagonisti,

riempirono l’etere di fatti e parole,

ad ogni parola un fatto seguiva,

tutti coloro che le ascoltarono

– e non erano pochi, no, davvero –

si innamoravano di loro.

In questo modo tornò la moda

sulla Terra,

di vivere con fantasia.

A nessuno che credesse alla realtà

così com’era

venne in mente di prenderli in giro,

di far finta di niente

al loro ingresso novizio

nelle anime umane.

Rispetto ci fu

per queste storie

e per chi le impersonava.

Lo Spirito del linguaggio poetico

vinse l’ultima battaglia

e la liricità ebbe finalmente

i suoi proseliti.

Ah, Angeli del cielo!

Si fece avanti una fata:

temevamo d’esser state dimenticate,

ma il Ricordo è duro a morire

e nel nostro caso, fortunatamente,

non ci siamo dovute sacrificare

sull’altare dell’ottusità di molti.

Andiamo verso i monti

a rallegrarci di questa miracolosa

condizione che ci è capitata tra capo e collo,

dissero gli gnomi.

E se la diedero a gambe, giù per i boschi.

Allora anche noi salamandre,

faremo del fuoco un vivace calore d’amore….

Noi ondine ugualmente!

Salteremo giulive da ruscello a ruscello,

alcune di noi verso i torrenti,

altre, nei fiumi ci discioglieremo:

è il gioco da fare più bello che potessero donarci!

Risero le fanciulle eteree, d’acqua e di spume vestite.

Silfidi siamo e abbiamo capito che lo resteremo,

esclamarono felici in tutto quel guazzabuglio,

in cui la Natura di nuovo le aveva cacciate.

Siamo contente, perché nell’aria possiamo ancora volare!

Su, verso il cielo, si spostarono.

Io e il mio amico Goethe ci guardammo e ci sentimmo soddisfatti

di aver rimesso tutto quanto a posto.

Noi, che di fantasia ci nutrivamo.

Noi, che la poesia onoravamo.

Noi, che dal tempo dell’eterno,

nel tempo e nello spazio

un po’ sorridendo, un po’ parlando, un po’ poetando,

di nascosto danzavamo.

 

 

 

Alessandra Vettori

 

 

 

 

 

 

Il bimbo

Sto andando
e tu, tu non mi puoi fermare,
di morte si muore,
di vita si vive.
Sto andando e tu no, tu non mi puoi fermare,
lascerai che io vada,
a casa.
Li mi aspetta un bimbo
al quale ho regalato la mia assenza
al quale ho donato tutti i miei pensieri
al quale ho portato tutte le speranze,
al quale ho lasciato i miei sogni, che li trastullasse.
Sto andando e non mi guardo indietro,
solo,
immagino la scia della cometa,
il vuoto degli spazi siderali
e indago sul mio futuro di donna
solo adesso,
che non ho niente in mano.
Ecco, sento che rinasco,
abbandono i sorrisi ed i pianti, ormai lontani
quieta, m’immagino, fertile di stelle
di solitudine accesa,
dal volo degli angeli, rapita.

Alessandra Vettori

 

 

Soltanto un’ora ci separa

Soltanto un’ora ci separa

e in questo viale di tempo autunnale,

le foglie scendono dagli alberi

facendosi strada vanitose

come dive del varietà passato.

Guardo i miei passi,

sembrano sul selciato ombre della luce,

rapprendo la corsa

in un ricettacolo che accoglie

tutti i silenzi risparmiati con tanto sudore.

Eguaglia il mio sguardo,

l’espressione mistica del tuo sorriso;

ammicca Autunno, lo spirito del sonno,

ritmando il succedersi dei giorni.

Tutto, nel giorno, va verso la notte:

stelle son cadute e hanno pianto

sul nostro corpo stanco, invecchiato,

spezzando il cordone ombelicale

che univa gli uomini agli Dei.

Cantai la notte, poi il giorno insonne,

dell’alba e dell’aurora debbo parlare,

ancora. E inseguo i fiori

che vogliono spuntare,

raggiare sui prati,

pei boschi e nelle valli,

i fiori di solarità vestiti,

i fiori,

d’insanità storditi,

risorti a nuovo,

come aliti e fili d’universo,

come soffici nuvole,

esercito del cielo,

in battaglia schierato.

Ecco la luce che si disfa

nel susseguirsi di colori,

sono azioni,

le vedo in movimento,

da pensieri fecondate,

azioni che seguono a pensieri,

altri pensieri vogliono

incontrarle.

Aspetteremo al canto del fuoco

l’arrivo dell’inverno, caro amore mio,

aspetteremo della castagna il tempo.

Alessandra Vettori

Alla Madre

Sempre d’amore il vostro volto acceso,

Vergine Madre,

bella e immacolata,

a noi guardate, d’ imperfetto aspetto,

rendendoci di angeliche sembianze,

dalla forza divina attraversàti,

rigenerati dal divino seme,

resi vivi. Mite e dolce sorriso,

di Grazia, Voi, Avvocata nostra,

di cielo, di tenue rosa delicato,

indulgete per noi, Stella di fede,

di splendore soave, d’armonia,

intesséte i ricami di colori,

fili diafani di memoria christica.

Vergine Madre e Figlia del giardino

antico e primo, di Sophia vestita,

risvegliate dell’usignolo il canto,

che culli dolcemente il bimbo vostro,

Che culli dolcemente il bimbo vostro.

Alessandra Vettori

Lippina – Filippo Lippi

Statue

 

 

Non sono fatte di marmo

né imprigionate nelle forme:

sono vestite di

tenerezza,

dei miei voli di bimba,

sparse come per gioco

tra l’erba e le piante del parco.

Piccolo e grande ricorda

le passeggiate di sogni e di risate,

di tenuità e di pallido rosa,

di ampie volute d’una gonna

ondeggiano al vento.

Lì nacque la prima scrittura

e anche se non scritta dapprima,

fu meditata come un cestino di rose

bianche, rosse e arancioni.

Intanto i fratelli

seguivano nel cielo

le orme alate dei loro aquiloni.

In uno scrigno lei nascose

i minuti rotoli di pergamena:

a ognuno, era dedicata una rima.

D’un balzo fu la poesia

del cuore

e ancora sono lì,

a rincorrere i ritmi.

 

Alessandra Vettori

Senza mai morire

La segretezza incalza

i venti dell’esser stato

uccidendone le luci e i fiati.

In quell’otre donato

da stirpe regale

si celavano

le storie

in movimento

delle nostre vite:

intanto il cigno

nel lago

s’è addormentato

e l’acqua grida,

affidando il suo vero nome

all’epica del suo fondo sabbioso.

Alessandra Vettori

D’Ungarettiana memoria

 

 

 

 

 

 

 

Salvezze redente

hanno alleggerito

le nostre scapole.

Sul tocco leggero

d’una nuvola

sciolgo nodi tessuti

di destino irrisolto.

 

 

 

 

 

 

Alessandra Vettori

 

 

 

 

 

 

A Carlo Del Bravo

Gli occhi aerei di cielo incastonati

illuminano segreti di sacrità e candore.

La sua parole, fosse cantata, immaginata o scritta,

lascia tenui petali di dolcissimo ardore

in chi ascolta, apprende, impara e custodisce.

L’intellettualità ha redento

questo Titano della Bellezza che adorna

il Vero e il Buono

e come novello Tagete,

Bimbo innocente e saggio Anziano insieme,

di poesia colora l’Arte eppoi l’Artista,

palpita il cuore come èmpito d’amore,

che irrora giubilando di sorrisi

le meste spoglie di perduta speme,

della mia mente e del cuore

che reduci da guerre,

dolori e da battaglie,

ombreggiati da rare gioie e irrequietezze,

son diventati parte

dell’alabastro dei suoi vasi,

così, immortalati dal suo studio

e dal suo prezioso lavoro,

così, fermi e donanti i seni

alla luce della finestra,

intrecciati alla classicità delle forme,

intessuti nell’anima dello sguardo suo,

suo sguardo,

fatto di severità

e profondo fervore,

fede novella di cotanto

Amore.

Alessandra Vettori

Forza vitale

Erano gli scienziati di due secoli fa.

Nessuno li ha creduti dopo.

Effluvi di poesia dal respiro del cuore

sortivano veritieri dai loro bronchi,

dai polmoni immaginati come ali

dell’animus.

Una forza vitale, della pianta immemore,

disegnavano, questi scienziati-artisti.

Vedevano con gli occhi dello Spirito,

la clorofilla verde dinamizzarsi come sangue,

rigenerare atmosfere ed aliti,

risuscitare vita attiva,

fulcro di fecondità del calice

del fiore,

purezza di purità vestita,

mentre Madre Natura

al mondo s’affacciava

con un nuovo abito,

toccava con le sue dita vegetali e suonava

sinfonie sconosciute fin’allora,

di radice in radice

di germoglio in germoglio

di stelo in stelo

di foglia in foglia

di nervatura diafana in nervatura diafana

di fiore in fiore

di frutto in frutto,

saltando le continuità convenzionali,

ritornando sempre in seno

all’archetipo della pianta senza padre né madre.

Era la Forza vitale del mondo vegetale,

invisibile

ma attenta

nella costruzione architettonica

di fiore in fiore

generante generatrice di energie formatrici

conversazioni della Luce

con i propri figli.

Tutto questo gli scienziati artisti percepivano.

E i ricami della vita

venivano in quello stesso momento

sparsi dal vento sulle colline incredule.

Alessandra Vettori

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