Lev Tolstoj di Eugen Galasso

Lev Tolstoj(1828-1910)è giustamente considerato uno scrittore di enorme rilievo(non so dirlo meglio), pur se rimane controversa la questione del rapporto con DOstoevskij, ossia l’eventuale superiorità dell’uno sull’altro, una quaestio che per molti critici dell’epoca(Soloviev, per fare un esempio)si risolve a favore di Dostoevskij, fino a un libro degli anni Settanta del Novecento di George Steiner, con romanzi come”Anna Karenina”, “Guerra e pace”, “Sonata a Kreutzer”,  tanti racconti (quelli di Sebastopoli, quelli dedicati al Natale e altre feste cristiane), fiabe, testi teorici, saggi. IN Tolstoj, dove “ingenerosamente”, in realtà pour cause,  per ex.in”Guerra e pace”si sottace la grandezza di Napoleone, che l’autore ritiene solo militare, il pensatore(grande, certo, entro i limiti umani, indubbiamente più di molti  “filosofi di professione”, magari di coloro che per tutta la vita studiano  Heidegger o Carnap senza capirci invero molto…)entra sempre nell’opera creativa, lo scrittore è anche nei saggi. Vegetariano, pacifista convinto(lui che era stato ufficiale nella guerra di Crimea), fautore di una pedagogia anti-autoritaria(a Jasnaja Poljana, suo luogo di nascita, fondò una scuola ispirata ai suoi ideali), avversario della proprietà privata, teorico di un cristianesimo anti-trascendente, fondato sull’amore del prossimo(“IL regno di Dio è in voi”), sostenitore della vita pratica(“Che fare?”)e di un’arte al servizio della vita sociale(“CHe cos’è l’arte”), autore di un solo testo teatrale di grande rilevanza politica(“La potenza delle tenebre”), fondato sul rifiuto della guerra e del militarismo, ispiratore di Gandhi, con cui fu in contatto epistolare come anche di tante teorie e prassi nonviolente e libertarie(pur se non si disse mai né”anarchico”né”libertario”, forse perché rifiutava le etichette), la lettura di ogni opera letteraria e teorica di Tolstoj è di grande importanza. Chi scrive, da”tolstojano”era, anzi è diventato conscio di limiti anche notevolissimi delle teorie del grande autore (questa, credo, la migliore definizione della sua opera), ma ne riconosce i meriti, in primis per essersi espresso coerentemente, senza rèmore, in un’epoca in cui ogni presa di posizione era/è”sotto attacco”, per aver preso su di sé attacchi, calunnie, insulti, oltre(certo)a riconoscimenti anche di grande importanza.   Ogni testo(come si è detto, letterario, teorico, pedagogico etc.)di Tolstoj è da prendere in considerazione, dalla sua critica alla caccia, all’ alcol e alle”droghe”(all’epoca l'”offerta”era ben più limitata…), fino alle rappresentazioni “epiche” delle grandi questioni(guerra versus pace, amore e matrimonio, castità)nelle opere maggiori o meglio più conosciute. Sempre tenendo presente che l’opera tolstojana è una, “indivisibile”, non parcellizzabile per esigenze di analisi e di studio.    Eugen Galasso

Irving Washington di Eugen Galasso

Washington Irving(1783-1859), considerato il primo vero grande scrittore USA(una generazione o quasi prima di Poe, Melville, Emerson, Hawthorne, per intenderci), di radici saldamente olandesi, in varie occasione ricordate, ma attento alla riscoperta di quelle inglesi e in genere britanniche(ma il concetto di”old ENgland”, “vecchia Inghilterra”è quello prevalente in quel tempo e in Irving, rispetto al concetto di”Britannia”, includente anche Irlanda del Nord, Galles, Scozia), è noto soprattutto(tutti lo considerano il suo capolavoro)per”The Sketch Book of Geoffrey Crayon”, in italiano”Il libro degli schizzi”), nel quale si alternano racconti, racconti di racconti, ossia racconti incastonati in altri racconti, narrazioni para- saggistiche più che decisamente definibili come tali. In tutte le narrazioni, comunque,  prevalgono assolutamente ironia, auto-ironia, umorismo, dove anche l’elemento fantastico ha la sua parte. Esso viene in realtà trattato anche umoristicamente ma anche svelato nella sua reale essenza, come ne”Lo sposo fantasma. Il racconto di un viaggiatore”, ma altrove il dubbio rimane, come in “Il mistero di Sleepy Hollow”, lasciando il lettore nell’incertezza, quella che, per Todorov, nel suo validissimo saggio di 47 anni fa, è feconda per la comprensione dell’essenza del fantastico stesso. Il saggio introduttivo di Goffredo Fofi, valido “savanturier”(neologismo di Boris Vian, “avventuriero sapiente”)di letteratura, cinema ma non solo, è efficace, ma credo non colga nel segno quando afferma che”Le sue storie di fantasmi. ..hanno spiegazioni tutte razionali”( W.Irving, “Il mistero di Sleepy Hollow e altri racconti”, ROMA, Newton Compton, 2008, p.10); semmai hanno spiegazioni “anche razionali”, ma non solo, anche in quanto “playing the plays”,  cuentos de cuentos, narrazioni di narrazioni… Irving è molto”avanti”anche nella demistificazione del mito(allora imperante, e imperante ancora in tanti western, reale memoria collettiva e mito quasi fondatore degli States, almeno fino agli anni 1970)degli Indiani”barbari e cattivi”, anzi ne rivendica la purezza fino alla corruzione indotta dagli”invasori bianchi”, con espressioni che ricordano decisamente in”bon sauvage”rousseuiano.        Eugen Galasso

Leonardo Sciascia di Eugen Galasso

Leonardo Sciascia(1921-1989) , grande intellettuale, scrittore soprattutto civile, impegnato sempre nello smascherare le malefatte del potere/dei poteri, laico ma non incapace di riconoscere i grandi personaggi/le grandi eccezioni nella Chiesa cattolica, è colui che, nel romanzo storico, fondato su documenti probanti relativi all’Inquisizione, “La morte dell’inquisitore”(Bari, Laterza, 1964, ripreso da Milano, Adelphi, 1999), mostra che fra Diego La Matina, fu vittima disperata dell’Inquisizione, dei poteri che “si avvolgevano”intorno alla stessa, che anni dopo in “Dalle parti degli infedeli”(Palermo, Sellerio, 1979)mostra come MOnsignor ANgelo Ficarra, vescovo di Patti, vittima dell’acredine iper-democristiana di chi gli rimproverava di aver favorito, per mancato impegno politico(quasi un ecclesiastico dovesse”tirare la volata”a un partito…)la vittoria del Partito Comunista Italiano a discapito della Democrazia Cristiana, serio studioso e cattolico impegnato nel sociale ma non solo, fosse sostanzialmente”bouc émissaire”(agnello sacrificale)di chi , immemore del dettato biblico, sacrifica”Dio a Mammona”(Matteo 6,24 e Luca 16,13). Il tutto, in forma narrativo-saggistica come altre volte/altrimenti in Sciascia, ossia propriamente in forma di romanzo(récit-racconto sarebbe forse meglio)-saggio, nasce da documenti veri(una lettera a”L’osservatore romano”del 1947)e approda non a una conclusione dogmatico-impositiva, ma a un’amara riflessione, emblematizzata nella frase finale del libro: “Saremmo maliziosi a sospettare una certa malizia-da parte della curia vaticana, della Congregazione Concistoriale, del cardinal Piazza-nella nomina di monsignor Ficarra ad arcivescovo di Leontopoli?”(Leontopoli di Augustamnica, in Egitto, e.g.)(A). Come si vede, alla luce delle “prove addotte”(procedimento seguito da Sciascia anche in”L’affaire Moro”(Palermo, Sellerio, 1978), quindi precedente di un anno rispetto al volumetto esaminato, in”La scomparsa di Majorana”(TOrino, Einaudi, 1975), in quasi tutte le sue opere, non importa se saggistiche o in forma di romanzo(ma cfr.l’annotazione quasi iniziale sul romanzo o racconto-saggio), appellandosi al lettore, Sciascia non procede a una mera, dogmatica”dimostrazione”à la Bertolt Brecht, ma , anche nella forma della domanda retorica prima citata, sfida i lettori a trovare da sé la risposta… Procedimento non dogmatico, diremmo, ma somamente critico, come peraltro nelle corde anche di Leonardo Sciascia quale”esponente politico”.   (A)L.Sciascia, op.cit., p.84

Philip Kindred Dick di Eugen Galasso

Philip Kindred Dick(1928-1982), grande scrittore USA, che però molte storie della letteratura nordamericana colpevolmente ancora non trattano o citano solo in note a piè di pagina, considerandolo forse uno scrittore “di genere”, esorbita invece da ogni genere”conclamato”collocandosi in una zona”alta”della cultura, quella dell’ucronia e della distopia, ossia di società totalmente diverse da quelle”sognate”, auspicate, desiderate, con efficaci anticipazioni a livello di “storia controfattuale”, la storia del “ma se…”, se, per ex.la Germania nazista e il Giappone imperialista avessero vinta la Seconda Guerra Mondiale(“The Man in the High Castle”, 1966, “La svastica sul sole”, in italiano), trattando in modo”eretico”, soprattutto gnostico, il tema del rapporto Dio-mondo, come in”The World Jones Made”, 1956(in italiano”Il mondo che Jones creò”), ma anche in”The simulacra”(1964, it., “I simulacri”), o anche”The Three Stigmata of Palmer Eldritch”(1965, “Le tre stigmate di Palmer Eldritch”),  mentre il racconto lungo “Do Androids Dream of Electric Sheep?”, 1968(“Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, nella versione italiana, ma anche”Cacciatore di androidi”)tratta le tematiche dell’alienazione da macchine e soprattutto da robot, da androidi(per cui Dick è unanimemente considerato l’alfiere-pioniere del cyber-punk), da quanto è”altro”e totalmente estraneo.Dick che, ben più che per lo stile, per le tematiche soprattutto”futurologiche”(anche se ormai l’autore, scomparso nel 1982, antevedeva cose  e problematiche oggi già attuali, almeno in gran parte), ha molto influenzato il cinema(“Blade Runner”del 1982, di Ridley Scott,è tratto da”Do androids dream…” , ma altri tre celebri film sono tratti da altrettanti racconti di Dick), spesso(con l’eccezione del citato”Blade Runner”)invero non rendendo molto onore al grande quanto sconcertante scrittore. QUanto alla fama di “maudit”, per Dick, essa è da ridimensionare non poco:renitente alla leva e militante contro la guerra di Corea, Dick non potè laurearsi, motivi che gli costarono l’ostracismo di certe case editrici e di certa stampa; l’uso di droghe non è accertato, anzi probabilmente qualcosa di millantato(anfetamina e LSD le uniche sostanze assunte dall’autore). Dick, grande allucinato, ci insegna molto, anche “non insegnandocelo”o meglio ci fa riflettere, ponendo, in forma non greve, vari interrogativi cruciali.  Tanti gli inediti dickiani, come”Gather yourselves together”, pubblicato postumo nel 1994, ma risalente al periodo 1959-1952(come”Ricomponetevi”, ma in italiano è tradotto come”Il paradiso maoista”), tutti molto interessanti quanto destinati a far discutere.     Eugen Galasso

Corrado Govoni di Eugen Galasso

Corrado Govoni, nato nel 1884 by Ferrara(Tàmara, frazione di Coppàro)e scomparso a Roma nel 1965, rimane importante nel panorama letterario italiano, sia come poeta sia come scrittore(le sue prose sono permeate di quella che si chiamao meglio si definiva”prosa poetica”, dove le”accensioni”e le”illuminazioni”-Rimbaud semper docet-entrano nel flusso narrativo senza urti o noiose”turbolenze”). Vicino dapprima al crepuscolarismo e poi al futurismo, poi fuori da queste correnti, che pure aveva frequentato, Govoni, che nel”Palombaro”aveva dato un esempio di poesia futurista, fatta anche di schemi grafici e quindi di sinestesie parola-immagine, altrove si concentra sull’intimità, sul ricordo delicato e sublimante: “…Per noi muovevi sempre un angelo nascosto/se sedevi in disparte solitaria/raccolta come una Madonna bambina, /le(le mani:sott.)intrecciavi sul senso a coroncina…”. Dapprima vicino al fascismo, poi scosso dalla morte per uccisione del figlio, partigiano comunista, nella”Morte del partigiano”ce ne propone un ritratto antiretorico, di per sé estremamente commovente: “Dorme, dorme lungo disteso/stretto il gonfio collo/nella sciarpa di sangue larga e morbida/sempre più gelida/e il lungo cappotto/è il suo sepolcro/E la sua patria e l’erba”. Della prosa qualcosa s’è detto. Culminante, forse, in un”romanzo-antiromanzo”come”La terra contro il cielo”(1921), racconta la sua vita parlando d’altro, inframmezzando considerazioni sull’amore, la vita, la morte(i temi fondamentali della letteratura di sempre), non rifuggendo da accesi cromatismi(non a caso nel libro si rappresenta quale pittore)e da interruzioni sempre motivate del ductus narrativo volte a riflessioni, a considerazioni, ma anche a lunghe descrizioni sui temi forti sopra brevemente enucleati. Come in Federigo Tozzi e in pochi altri scrittori e poeti italiani dell’epoca, si nota in Govoni una sensualità accesa che controbilancia una valutazione sommaria che attribuiva alla poesia e alla letteratura italiana venature moralistiche.Raccolte fondamentali:”Le fiabe”(1903), “Fuochi di artificio”(1905), “Poesie elettriche”(1911).   Eugen Galasso

Aggiunta:  Critici come Giacinto Spagnoletti, Giuseppe Ravegnani, Pier Vittorio Mengaldo hanno reso giustizia all’arte govoniana, che altrimenti sarebbe stata quasi”liquidata”da giudizi ingenerosi come quello di un Benedetto Croce, aduso a”inquadrare”poeti e scrittori secondo schemi aprioristici derivati dalla sua”Poetica”.Non è certo, peraltro, l’unico caso di”cittadino delle patrie lettere”vittima di disattenzione(per non dire altro)da parte di illustri critici e storici della letteratura, più preoccupati dalla dimostrazione di uno schema che dalla sua verifica nei testi.      Eugen Galasso

“E la sua patria è l’erba”, ovviamente, nel verso finale della poesia sul Partigiano.  Sorry.   Eugen Galasso

Gabriel Keith Chesterton di Eugen Galasso

Gabriel Keith Chesterton (1874-1936), autentico scrittore inglese del Novecento, popolare ma sempre vigile, frutto di studi irregolari ma sempre proficui(interessante, tra l’altro, la sua acuta biografia di SanTommaso d’Aquino), è probabilmente noto al grande pubblico più che altro per “Father Brown”, le avventure del prete-detective reso popolare da film, telefilm, cartoons etc.Se questo”Holmes cristianizzato” rivela di per sé, in tanti racconti e romanzi, l’arguzia del suo autore, sono probabilmente altre le opere in cui è da ricercare la sua originalità, frutto di pochi compromessi: se l’autore, cristiano unitariano, che attraversò anche fasi di scetticismo e ateismo, poi convertitosi al cattolicesimo ma senza trionfalismi, era spesso in polemica con Rudyard Kipling, che riteneva(secondo molti e anche chi scrive a torto) un imperialista e contro George Bernard Shaw e Herbert George Wells, ritenuti “socialisti sovversivi”ma soprattutto modernisti impenitenti, se in parte propugnava il ritorno a una fede non irrazionalistica in parte di stampo medievale, Chesterton era anche un contraddittoriamente geniale protagonista del suo tempo: in “The  Napoleon of Notting Hill”(1904), “The Man Who Was Thursday”(“L’uomo che si chiamava Giovedì”, 1908), in”The Ball and the Cross”(“La sfera e la croce”, 1909), in tanti altri romanzi e racconti l’arguzia britannica si lega al paradosso, svelando realtà assolutamente”altre”da quelle previste, con un improvviso(spesso)rovesciamento di ruoli che può lasciare interdetto, ad una prima lettura, chi si accinga magari un po’distrattamente ad affrontarne le opere. Se in”L’uomo che si chiamava Giovedì”i presunti anarco-bombaroli si svelano per ciò che in realtà sono, ossia dei serissimi agenti di Scotland Yard, se ne” La Sfera e la Croce”il duello iperuranio tra Bene e Male si carica di significati”ulteriori”, Chesterton vede non di”mettere tutti d’accordo”, ma di trovare una seria convergenza, come nelle sue concezioni neo-tomiste, tra ragione e fede. Autore da prendere o da rifiutare, certo, ma che lascia spazi aperti e importanti a chi , senza scegliere a priori un campo versus l’altro, cerca di ragionare, magari contro e senza Gabriel Keith…    Eugen Galasso

Thornton Wilder di Eugen Galasso

Thornton Wilder(1897-1975), grande scrittore e drammaturgo, ma anche filologo e storico, americano ma di profonda cultura europea, è noto per drammi come”The long Christmas Dinner”(“Il lungo pranzo di Natale”, 1931), atto unico che condensa in un’ora movant’anni di banchetti natalizia, narrando la storia di una famiglia e non solo, “Our Town”(“Piccola città”, 1938), dove una cittadina e la sua storia divengono emblematici della vita e della morte,  “The skin of your Teeth”(“La famiglia Antropus”, 1942), “The Matchmaker”(“La sensale di Matrimoni”, 1938 e versione nuova del 1954), dove una commedia -farsa assume anche altre valenze, ispirando poi”Hello, Dolly”, un musical famoso del 1969. Come romanzi scrive”The Cabala”(1926)dove un gruppo di aristocratici italiani è osservato da un giovane americano, ironicamente disposto, che comunque li ammira quasi fossero”dei decaduti”, poi con”The Woman of Andros”(1930)rielabora un po’stancamente miti classici, con”The Bridge of San Luis Rey”(“IL ponte del re San luigi”, 1927), però, per cui ottiene il Premio Pulitzer, riunisce i destini tragici di alcuni personaggi coinvolti in un incidente presso l’omonimo ponte peruviano, che cade, riscontrando il”digitus Dei”, con il personaggio di un frate che verrà sottoposto a giudizio dalla Sancta Inquisitio, venendo condannato. Provvidenza o destino?Wilder opta per la prima ipotesi, non senza problematicità, ma sarà”The Ides of March”(1948, “Le idi di marzo”), a renderlo scrittore insuperabile, con un approccio difficile, per un pubblico non acculturato, con lettere e documenti storici”falsi”, anzi meglio diremmo “apocrifi”, in cui Cesare, Cicerone, Clodia, Catullo, Cleopatra(che in effetti venne a Roma, ospite in parte”indesiderata”, soprattutto da parte delle donne), dibattono vari punti-.chiave: lo Stato, destinato a divenire”Impero”, la religione, i costumi, la famiglia etc., in una chiave che prelude, appunto, alle famose”Idi di marzo”(nel 44 a.C.), in cui Cesare, il “popolare”, perde la vita per mano dei congiurati tra cui Bruto, di cui si diceva fosse figlio di Cesare(ipotesi mai provata, invero)e Cassio, i “repubblicani senatoriali”, conservatori, come conservatore”illuminato”era Cicerone, ucciso o fatto suicidare un anno dopo… “Attraverso una molteplicità di documenti fittizi viene evocato un quadro pluriprospettico di Cesare”, scrive acutamente Carola Surkamp(nel”Metzlers Lexikon amerikanischer Autoren”, Stuttgart-Weimar, 2000, p.719)e anche lo storico italiano Luciano Canfora, nella sua nota all’edizione selleriana (2010, Palermo, Sellerio) rileva come”La manipolazione creativa investe gli stessi personaggi storici; è il dato storico che viene trasformato e i personaggi storici diventano essi stessi loquacissimi attori del romanzo”(in op.cit.). Decisamente novecentesca quanto rispettosa degli “Elementari”storici, il libro di WIlder diventa, molto tempo prima, una sorta di anticipazione delle tecniche narrative”postmoderne”, persino del decostruzionismo, in qualche misura, fornendo comunque un impulso forte all’esortazione alla storia(memore anche di Machiavelli e di Foscolo, pur essendosi occupato più  che altro-ma non solo, certo-di Goethe, Lope de Vega, Joyce). Un’opera da riscoprire, con la finalità di riconnettersi in modo nuovo ai classici greci e latini.    Eugen Galasso

Ugo Facco De Lagarda di Eugen Galasso

Ugo Facco De Lagarda(1896-1982), Veneziano,  direttore di banca, storico, economista, elzevirista di chiara fama, è stato soprattutto uno scrittore e un poeta di notevole rilievo nel panorama italiano del Novecento. A parte la sua produzione poetica, decisamente notevole, in italiano e in veneto(“Amaritudo”è del 1919, “Le calze de seda”, 1920, “Anteo”, 1933), sono da ricordare i suoi romanzi”Abele”, 1921, “Maddalena”, 1945, “Il golfo notturno”, 1951, “Le figlie inquiete”, 1956, “La grande Olga”, 1958, “IL commissario Pepe”, 1965.  Temi forti dell’autore, il cui stile è stato definito, “falso neorealismo”(già sul neorealismo ci sono dubbi, riguardo alla sua esatta definizione e definibilità…immaginarsi un”neorealismo falso”), sono la vita in provincia(non a Venezia, ma in città più piccole e mai nominate del Nord-Est, segnatamente del Veneto), l’erotismo represso e sottaciuto, ma che esplode sempre e continuamente, per così dire, “sotto traccia”, la corruzione, gli scandali”vicini”, la delusione  di un intellettuale impegnato(Facco De Lagarda era stato partigiano), una nota costantemente disforica per non dire “depressiva” che pervade le sue opere, contraddicendo(?)quel tono, quasi quel”basso continuo”, umoristico e ironico che sembra attraversare le sue opere. Probabilmente il suo libro più riuscito, insieme a”La grande Olga”, personaggio dall’erotismo straripante ma mai realmente felice, è”Il Commissario Pepe”, sornione ma mai “corrotto”, protagonista di una vicenda “curiosa”(è un “giallo non giallo”, un”falso giallo”, viene da dire), immortalato da un bel film dal titolo omonimo di Ettore Scola(1969)interpretato da un grande Ugo Tognazzi.    Eugen Galasso

Testi vari di Eugen Galasso (da oggi, volentieri pubblichiamo, gli scritti seguenti, di Eugen Galasso)

Siempre armas, Santa Muerte/Maduro”grande presidente”, te dicen/Rome’s Gouvernement rien faisant/Conseguenze tirate-da tirare (Eugen Galasso, 03.09.2015).

Anziano impiccione “pater patriae“/Riforme imposte sans rémission, tu sais/Nuevo estado nueva sociedad/Old style, from”heaven”/Giocarsi tutto al buio, non sapere/Tempi nuovi, vecchia cultura/Strani torpori nascenti (Eugen Galasso, 06.09.2015)

Era un Amore con la A maiuscola in grassetto

 

Era un Amore

con la “A” maiuscola in grassetto,

e quando nacque,

molto tempo fa,

tutti al vederlo avevano già detto:

_ Beh, sembra bruttino,

non ha un bell’aspetto -.

 

Non era vero.

 

Nacque in una grotta oscura e tenebrosa:

Amore però, nei suoi primi vagiti

da neonato, disprezzato e un poco vilipeso,

portava in sé una luce singolare,

pietra preziosa

di fattezza rara.

 

Era vero. Era un grande Amore.

 

Eroe col volto al vento,

di nobiltà intessuto,

di luce,

conoscenza,

abnegazione,

fedeltà fedele,

bello e buono

nonché vero,

contro tutto un mondo

di demoni terribili

si trovò a lottare.

 

Era vero, davvero, questo Amore.

 

Abitudine, gelosia, invidia,

incomprensione, ingratitudine,

viltà, ipocrisia convenzionale,

istintualità senza bende,

sopruso, calunnia,

menzogna, bugia, cecità

interiore, tanto per dirne alcuni.

L’elenco potrebbe continuare.

Tutti collaboravano in pace e felicità,

per distruggere

ciò che fu benedetto.

 

Era comunque e malgrado,

un nuovo,

innovativo,

magico,

celestiale,

angelico,

Amore.

 

E chi invece lo rispettò,

e rispettò con stima ed empatia,

i due che lo tenevano nel cuore,

nascondendolo agli sguardi

dei rapaci,

immaginò che dal Cielo

fosse sceso

e ne interpretò le idee e le azioni

che lo avevano fatto

incarnare nel mondo.

Capì anche quali idee non accettare

e quali azioni non fare, proprio

per farlo santamente incarnare.

 

 

Perché era veramente un Sacro Amore.

 

Alessandra Vettori (a Graziano)

 

 

 

 

Sito tradizionale della nascita di Gesù nella Basilica della Natività di Betlemme

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